Zeffix 100 Mg Compresse Rivestite Con Film
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INDICE

01.0 DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE
02.0 COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA
03.0 FORMA FARMACEUTICA
04.0 INFORMAZIONI CLINICHE
04.1 Indicazioni terapeutiche
04.2 Posologia e modo di somministrazione
04.3 Controindicazioni
04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l'uso
04.5 Interazioni
04.6 Gravidanza e allattamento
04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull'uso di macchine
04.8 Effetti indesiderati
04.9 Sovradosaggio
05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE
05.1 Proprietà farmacodinamiche
05.2 Proprietà farmacocinetiche
05.3 Dati preclinici di sicurezza
06.0 INFORMAZIONI FARMACEUTICHE
06.1 Eccipienti
06.2 Incompatibilità
06.3 Periodo di validità
06.4 Speciali precauzioni per la conservazione
06.5 Natura e contenuto della confezione
06.6 Istruzioni per l'uso e la manipolazione
07.0 TITOLARE DELL'AUTORIZZAZIONE ALL'IMMISSIONE IN COMMERCIO
08.0 NUMERI DELLE AUTORIZZAZIONI ALL'IMMISSIONE IN COMMERCIO
09.0 DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL'AUTORIZZAZIONE
10.0 DATA DI REVISIONE DEL TESTO

 

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01.0 DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE -Inizio Pagina

ZEFFIX 100 MG COMPRESSE RIVESTITE CON FILM


02.0 COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA - Inizio Pagina

Le compresse rivestite con film di Zeffix contengono 100 mg di lamivudina

Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.


03.0 FORMA FARMACEUTICA - Inizio Pagina

Compressa rivestita con film

Color caramello, rivestita con film, a forma di capsula, biconvessa, con impresso “GX CG5” su un lato.


04.0 INFORMAZIONI CLINICHE - Inizio Pagina

04.1 Indicazioni terapeutiche - Inizio Pagina

Zeffix è indicato per il trattamento dell’epatite cronica B nei pazienti adulti con:

• malattia epatica compensata con evidenza di attiva replicazione virale, livelli sierici di alanina aminotransferasi (ALT) persistentemente elevati ed evidenza istologica di infiammazione attiva del fegato e/o fibrosi. L’inizio del trattamento con lamivudina deve essere considerato solo quando non sia disponibile o appropriato l’impiego di un agente antivirale alternativo con una barriera genetica maggiore alla resistenza (vedere paragrafo 5.1).

• malattia epatica scompensata in associazione con un secondo agente senza resistenza crociata alla lamivudina (vedere paragrafo 4.2).



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04.2 Posologia e modo di somministrazione - Inizio Pagina

La terapia con Zeffix deve essere iniziata da un medico esperto nel trattamento dell’epatite cronica B.

Adulti: la dose raccomandata di Zeffix è di 100 mg una volta al giorno. Zeffix può essere preso con o senza cibo.

Nei pazienti con malattia epatica scompensata, la lamivudina deve essere sempre usata in associazione con un secondo agente antivirale senza resistenza crociata alla lamivudina per ridurre il rischio di resistenza ed ottenere una rapida soppressione virale.

Durata del trattamento: la durata ottimale del trattamento non è nota.

• nei pazienti con epatite cronica B (CHB) HBeAg positiva senza cirrosi, il trattamento deve essere somministrato per almeno 6-12 mesi dopo che la sieroconversione HBeAg (scomparsa di HBeAg e HBV DNA con rilevazione di HBeAb) è stata confermata, per limitare il rischio di ricaduta virologica o fino alla sieroconversione HBsAg o se si verifica perdita di efficacia (vedere paragrafo 4.4). I livelli sierici di ALT e HBV DNA devono essere monitorati regolarmente dopo la sospensione del trattamento per rilevare ogni ricaduta virologica tardiva.

• nei pazienti con CHB HBeAg negativa (mutanti pre-core) senza cirrosi, il trattamento deve essere somministrato almeno fino alla sieroconversione HBs o se vi è evidenza di perdita di

efficacia. Con il trattamento prolungato si raccomanda un regolare controllo per confermare che la continuazione della terapia scelta rimanga appropriata per il paziente.

• nei pazienti con malattia epatica scompensata o cirrosi e in quelli sottoposti a trapianto di fegato

non è raccomandata la sospensione del trattamento (vedere paragrafo 5.1)

In caso di interruzione di Zeffix, i pazienti devono essere periodicamente controllati allo scopo di evidenziare una epatite recidivante (vedere paragrafo 4.4).

Resistenza clinica: nei pazienti con CHB, sia HBeAg positiva che HBeAg negativa, lo sviluppo del mutante YMDD (tirosina-metionina-aspartato-aspartato) dell’HBV può portare ad una diminuita risposta terapeutica alla lamivudina, evidenziata da un aumento dell’ HBV DNA e delle ALT rispetto ai precedenti livelli in corso di trattamento. Per ridurre il rischio di resistenza nei pazienti trattati con lamivudina in monoterapia deve essere presa in considerazione una modifica del trattamento qualora l’HBV DNA rimanga rilevabile a 24 settimane o oltre di trattamento. Nei pazienti con mutante YMDD dell’HBV si deve prendere in considerazione l’aggiunta di un agente alternativo senza resistenza crociata alla lamivudina (vedere paragrafo 5.1).

Bambini e adolescenti: l’uso di Zeffix non è raccomandato nei bambini e negli adolescenti al di sotto dei 18 anni di età a causa della mancanza di dati sulla sicurezza e l’efficacia (vedere paragrafo 5.2).

Insufficienza renale: nei pazienti con insufficienza renale moderata-grave, i livelli di lamivudina nel siero (AUC) sono aumentati a causa della ridotta clearance renale. Il dosaggio deve pertanto essere ridotto nei pazienti con clearance della creatinina inferiore a 50 ml/minuto. Se sono richieste dosi inferiori ai 100 mg, si deve impiegare la soluzione orale di Zeffix (vedere Tabella 1 seguente).

Tabella 1: Dosaggio di Zeffix nei pazienti con clearance renale ridotta.

Clearance della creatinina (ml/min) Dose iniziale di Zeffix soluzione orale * Dose di mantenimento una volta al giorno
30 - < 50 20 ml (100 mg) 10 ml (50 mg)
15 - < 30 20 ml (100 mg) 5 ml (25 mg)
5 - < 15 7 ml (35 mg) 3 ml (15 mg)
< 5 7 ml (35 mg) 2 ml (10 mg)

* Zeffix soluzione orale contenente 5 mg/ml di lamivudina.

I dati disponibili in pazienti sottoposti ad emodialisi intermittente (per una durata inferiore o uguale a 4 ore di dialisi 2-3 volte a settimana) indicano che dopo la riduzione della dose iniziale di lamivudina per compensare la clearance della creatinina, durante la dialisi non è necessaria nessun’altra modifica di dosaggio.

Insufficienza epatica: i dati ottenuti nei pazienti con insufficienza epatica, compresi quelli con malattia epatica avanzata in attesa di trapianto, mostrano che la farmacocinetica della lamivudina non è significativamente influenzata da disfunzioni epatiche. In base a tali dati, non è necessario un aggiustamento della posologia nei pazienti con insufficienza epatica a meno che non sia accompagnata ad insufficienza renale.


04.3 Controindicazioni - Inizio Pagina

Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti.


04.4 Speciali avvertenze e precauzioni per l'uso - Inizio Pagina

La lamivudina è stata somministrata ai bambini (dai due anni in poi) e agli adolescenti con epatite cronica B compensata. Tuttavia a causa della limitazione dei dati, la somministrazione di lamivudina in questa popolazione di pazienti non è attualmente raccomandata (vedere paragrafo 5.1).

L’efficacia della lamivudina in pazienti con concomitante infezione da epatite Delta o epatite C non è stata stabilita e si raccomanda cautela.

Esistono dati limitati sull’uso della lamivudina nei pazienti HBeAg negativi (mutanti pre-core) e in quelli sottoposti a concomitanti regimi immunosoppressivi, compresa la chemioterapia antineoplastica. La lamivudina deve essere usata con cautela in tali pazienti.

Durante la terapia con Zeffix i pazienti devono essere controllati regolarmente. I livelli sierici delle ALT e l’HBV DNA devono essere controllati ad intervalli di 3 mesi e nei pazienti HBeAg positivi, l’HBeAg deve essere valutato ogni 6 mesi.

Riacutizzazione dell’epatite

Con una terapia prolungata sono state identificate sub-popolazioni virali HBV con ridotta suscettibilità alla lamivudina (mutante YMDD dell’HBV). In alcuni pazienti lo sviluppo del mutante YMDD dell’HBV può portare a riacutizzazione dell’epatite evidenziata soprattutto da innalzamento dei valori sierici delle ALT e ricomparsa di HBV DNA. Nei pazienti con presenza del mutanteYMDD dell’HBV si deve considerare l’aggiunta di un secondo agente senza resistenza crociata alla lamivudina (vedere paragrafo 5.1).

Se Zeffix viene sospeso o se si verifica una perdita di efficacia a causa dello sviluppo del mutante YMDD dell’HBV (vedere paragrafo 4.2), alcuni pazienti potrebbero andare incontro ad epatite ricorrente evidenziata clinicamente o mediante analisi di laboratorio. Se Zeffix viene sospeso i pazienti devono essere periodicamente monitorati sia a livello clinico che attraverso la valutazione di test sierici di funzionalità epatica (livelli di ALT e bilirubina) per almeno quattro mesi, e in seguito come previsto dalla pratica clinica. L’esacerbazione dell’epatite è stata evidenziata principalmente dall’incremento delle ALT sieriche in aggiunta alla ricomparsa dell’HBV DNA. Vedere la Tabella 3 nel paragrafo 5.1 per ulteriori informazioni circa la frequenza dell’incremento delle ALT dopo trattamento. La maggior parte degli eventi è risultata essere auto- limitante, tuttavia si sono osservati alcuni decessi.

Per i pazienti che manifestano evidenza di epatite ricorrente dopo trattamento, non esistono dati sufficienti sul beneficio di una ripresa del trattamento con lamivudina.

Coloro che subiscono il trapianto e i pazienti con avanzata malattia epatica corrono maggior rischio di replicazione virale attiva. A causa di una ridotta funzionalità epatica in questi pazienti, la riattivazione dell’epatite dovuta alla sospensione della lamivudina o alla perdita di efficacia durante il trattamento può provocare scompenso grave, anche fatale. Questi pazienti devono essere controllati per i parametri clinici, virologici e sierologici associati con l’epatite B, per la funzione renale ed epatica e per la risposta antivirale durante il trattamento (almeno ogni mese), e, se il trattamento viene sospeso per qualsiasi ragione, per almeno 6 mesi dopo il trattamento. I parametri di laboratorio da controllare devono includere (come minimo) l’ALT sierica, la bilirubina, l’albumina, l’azotemia, la creatinina, e lo stato virologico: antigeni/anticorpi HBV, e dove possibile, le concentrazioni sieriche di DNA dell’HBV. I pazienti che manifestano segni di insufficienza epatica durante o dopo il trattamento devono essere controllati più frequentemente come ritenuto appropriato.

Co-infezione da HIV

Nei pazienti con co-infezione da HIV e che ricevono, o stanno per ricevere, la terapia con lamivudina o l’associazione lamivudina/zidovudina, deve essere mantenuta la dose di lamivudina prescritta per l’infezione da HIV (in genere 150 mg due volte al giorno in associazione con altri antiretrovirali). Nei pazienti con co-infezione da HIV che non richiedono terapia antiretrovirale, esiste il rischio di mutazione HIV quando la lamivudina viene usata da sola per il trattamento dell’epatite cronica B.

Trasmissione dell’epatite B

Non esistono informazioni sulla trasmissione materno-fetale del virus dell’epatite B nelle donne gestanti trattate con lamivudina. Devono essere seguite le normali procedure raccomandate per l’immunizzazione contro il virus dell’epatite B nei bambini.

I pazienti devono essere informati che la terapia con lamivudina non ha dimostrato di essere in grado di ridurre il rischio di trasmissione del virus dell’epatite B. Pertanto devono continuare ad essere adottate adeguate precauzioni.

Acidosi lattica e grave epatomegalia con steatosi

Con l’uso di analoghi nucleosidici sono stati riportati casi di acidosi lattica (in assenza di ipossiemia), talvolta fatali, di solito associati ad epatomegalia grave e steatosi epatica. Poiché Zeffix è un analogo nucleosidico tale rischio non può essere escluso. Il trattamento con analoghi nucleosidici deve essere interrotto nel caso si verifichi un rapido innalzamento dei livelli di aminotranferasi, epatomegalia progressiva o acidosi metabolica/lattica ad eziologia sconosciuta. Sintomi non gravi a carico dell’apparato digerente come nausea, vomito e dolore addominale potrebbero essere indicativi di sviluppo di acidosi lattica. Casi gravi, talvolta con esito fatale, sono stati associati a pancreatite, insufficienza epatica/steatosi epatica, insufficienza renale ed elevati livelli di lattato sierico. Si deve prestare cautela nel prescrivere analoghi nucleosidici ai pazienti (in particolare a donne obese) con epatomegalia, epatite od altri noti fattori di rischio di malattia epatica e steatosi epatica (inclusi alcuni medicinali e alcool). Pazienti con infezione concomitante da epatite C e trattati con alfa interferone e ribavirina possono costituire un particolare rischio. Tali pazienti devono essere attentamente seguiti.

Disfunzione mitocondriale:

È stato dimostrato che gli analoghi nucleosidici e nucleotidici sia in vivo che in vitro causano un grado variabile di danno mitocondriale. Sono stati riportati casi di disfunzione mitocondriale in neonati esposti agli analoghi nucleosidici in utero e/o dopo la nascita. I principali eventi avversi riportati sono disturbi ematologici (anemia, neutropenia), disturbi metabolici (iperlattatemia e iperlipasemia). Sono stati riportati disturbi neurologici a comparsa ritardata (ipertonia, convulsioni, anomalie comportamentali). I disturbi neurologici potrebbero essere transitori o permanenti. Ogni bambino esposto in utero ad analoghi nucleosidici e nucleotidici, deve essere sottoposto a follow-up clinico e di laboratorio e deve essere controllato a fondo per quanto riguarda una possibile disfunzione mitocondriale in caso di comparsa dei segni e sintomi relativi.

Zeffix non deve essere preso con qualsiasi altro medicinale contenente lamivudina o medicinali contenenti emtricitabina.


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04.5 Interazioni - Inizio Pagina

Sono stati effettuati studi di interazione solo negli adulti.

La probabilità di interazioni metaboliche è bassa a causa del limitato metabolismo, del basso legame con le proteine plasmatiche e della eliminazione renale pressoché completa della sostanza nella sua forma immodificata.

La lamivudina è prevalentemente eliminata per secrezione cationica attiva. Deve esser tenuta in considerazione la possibilità di interazioni con altri medicinali somministrati in concomitanza, particolarmente se la loro via di eliminazione principale è la secrezione renale attiva per mezzo del sistema di trasporto dei cationi organici, per esempio trimetoprim. Altri medicinali (per esempio ranitidina, cimetidina) vengono eliminati solo in parte tramite questo meccanismo e non hanno mostrato di interagire con la lamivudina.

Le sostanze prevalentemente escrete tramite il sistema attivo degli anioni organici oppure tramite filtrazione glomerulare difficilmente danno luogo ad interazioni significative, dal punto di vista clinico, con la lamivudina. La somministrazione di trimetoprim/sulfametossazolo 160 mg/800 mg determina un aumento di circa il 40% nei livelli plasmatici di lamivudina. La lamivudina non ha alcun effetto sulla farmacocinetica del trimetoprim o del sulfametossazolo. Tuttavia, non è necessaria alcuna modifica posologica della lamivudina, a meno che il paziente non abbia insufficienza renale.

È stato osservato un lieve aumento della Cmax (28%) della zidovudina quando somministrata in associazione alla lamivudina; tuttavia l’esposizione complessiva (AUC) non risulta alterata in modo significativo. La zidovudina non ha effetti sulla farmacocinetica della lamivudina (vedere paragrafo 5.2).

La lamivudina non presenta alcuna interazione farmacocinetica con l’alfa-interferone, quando i due medicinali sono somministrati insieme. Nei pazienti che ricevevano lamivudina in concomitanza con comuni medicinali immunosoppressori (per es. ciclosporina A) non è stata riscontrata alcuna interazione sfavorevole rilevante dal punto di vista clinico. Tuttavia, non sono stati realizzati studi formali sulle interazioni.


04.6 Gravidanza e allattamento - Inizio Pagina

Una grande quantità di dati su donne in gravidanza (più di 1000 casi di esposizione) non indicano

alcuna tossicità relativa a malformazioni. Zeffix può essere usato in gravidanza se clinicamente necessario.

Per le pazienti che vengono trattate con lamivudina e successivamente iniziano una gravidanza, si deve considerare la possibilità di una ricomparsa dell’epatite a seguito della sospensione della lamivudina.

Sulla base di più di 130 coppie madre/figlio in trattamento per l’HIV, le concentrazioni sieriche della lamivudina nei bambini allattati al seno da madri in trattamento per l’HIV sono molto basse (circa 0,06-4% delle concentrazioni sieriche materne) e progressivamente diminuiscono a livelli non rilevabili quando i bambini allattati al seno raggiungono le 24 settimane di età. La quantità totale di lamivudina ingerita da un bambino allattato al seno è molto bassa e pertanto è probabile che ciò porti ad esposizioni che esercitano un effetto antivirale sub-ottimale. L’epatite B materna non comporta una controindicazione all’allattamento al seno se il neonato viene adeguatamente gestito per la prevenzione dell’epatite B alla nascita e non vi è evidenza che la bassa concentrazione di lamivudina nel latte materno comporti effetti indesiderati nei bambini allattati al seno. Pertanto l’allattamento al seno può essere preso in considerazione nelle madri che allattano trattate con lamivudina per l’HBV tenendo in considerazione il beneficio dell’allattamento al seno per il bambino e il beneficio della terapia per la madre. Qualora vi sia trasmissione materna dell’HBV, nonostante l’adeguata profilassi, deve essere presa in considerazione l’interruzione dell’allattamento al seno per ridurre il rischio di emergenza di mutanti resistenti alla lamivudina nel neonato.

Disfunzione mitocondriale:

È stato dimostrato che gli analoghi nucleosidici e nucleotidici sia in vivo che in vitro causano un grado variabile di danno mitocondriale. Sono stati riportati casi di disfunzione mitocondriale in neonati esposti agli analoghi nucleosidici in utero e/o dopo la nascita (vedere paragrafo 4.4).


04.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull'uso di macchine - Inizio Pagina

Non sono stati effettuati studi sugli effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari.


04.8 Effetti indesiderati - Inizio Pagina

L’incidenza di reazioni avverse e le anomalie di laboratorio (ad eccezione dell’innalzamento dei livelli di ALT e CPK, vedere di seguito) sono risultate simili tra i pazienti trattati con placebo e quelli trattati con lamivudina. Le reazioni avverse più comunemente riportate erano malessere ed affaticamento, infezioni del tratto respiratorio, mal di gola e disturbi tonsillari, cefalea, dolore o crampi addominali, nausea, vomito e diarrea.

Le reazioni avverse sono elencate di seguito in base alla Classificazione sistemica organica e alla frequenza. Le categorie di frequenza sono solo assegnate a quelle reazioni avverse considerate almeno possibilmente correlate causalmente alla lamivudina. Le frequenze sono definite come: molto comune (≥ 1/10), comune (≥ 1/100, < 1/10), non comune (≥ 1/1000, < 1/100), raro (≥ 1/10.000, < 1/1000) e molto raro (< 1/10.000).

Le categorie di frequenza assegnate alle reazioni avverse di seguito sono delle stime: per la maggior parte delle reazioni non sono disponibili dati attendibili per calcolare l’incidenza. Le categorie di frequenza delle reazioni avverse al farmaco molto comuni e comuni, sono state determinate in base ai dati degli studi clinici e l’incidenza di base osservata nei gruppi esposti a placebo non è stata presa in considerazione.

Patologie del sistema emolinfopoietico
Non nota Trombocitopenia
Disturbi del sistema immunitario
Non noto Angioedema
Patologie epatobiliari
Molto comune Aumento dei livelli di ALT (vedere paragrafo 4.4)
Le riacutizzazioni dell’epatite rilevate essenzialmente dagli incrementi delle ALT sieriche sono state riportate durante il trattamento e dopo la sospensione della lamivudina. La maggior parte degli eventi è stata di natura autolimitante tuttavia molto raramente sono stati osservati casi fatali (vedere paragrafo 4.4).
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Comune Eruzione cutanea, prurito
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Comune Aumento dei livelli di CPK
Non noto Disturbi muscolari, comprendenti mialgia, crampi e rabdomiolisi

In pazienti con infezione da HIV sono stati riferiti casi di pancreatite e neuropatie periferiche (o parestesie). In pazienti con epatite cronica B non è stata osservata alcuna differenza nell’incidenza di questi eventi fra pazienti trattati con lamivudina e con placebo.

Casi di acidosi lattica, talvolta fatali, generalmente associati a epatomegalia grave e steatosi epatica, sono stati riferiti durante la terapia di associazione con analoghi nucleosidici in pazienti con HIV. Sono stati riferiti rari casi di acidosi lattica in pazienti trattati con lamivudina per l’epatite B.


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04.9 Sovradosaggio - Inizio Pagina

La somministrazione della lamivudina a dosaggi particolarmente elevati negli studi di tossicità acuta nell’animale non ha dato origine ad alcuna tossicità d’organo. I dati disponibili sulle conseguenze del sovradosaggio acuto per via orale nell’uomo sono limitati. Non vi sono stati decessi e i pazienti si sono ristabiliti. Non è stato identificato alcun segno o sintomo specifico a seguito di sovradosaggio.

In caso di sovradosaggio il paziente deve essere monitorato e sottoposto ad adeguato trattamento standard di supporto. L’emodialisi continua, sebbene non sia stata studiata, può essere usata nel trattamento del sovradosaggio in quanto la lamivudina è dializzabile.


05.0 PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE - Inizio Pagina

05.1 Proprietà farmacodinamiche - Inizio Pagina

Categoria farmacoterapeutica - Nucleosidi e nucleotidi inibitori della trascrittasi inversa, codice ATC: J05AF05.

La lamivudina è un agente antivirale attivo contro il virus dell’epatite B in tutte le linee cellulari testate e negli animali con infezione sperimentale.

Sia nelle cellule sane che in quelle infette, la lamivudina è metabolizzata nel suo derivato trifosfato (TP), che rappresenta la forma attiva del prodotto originario. L’emivita intracellulare del trifosfato negli epatociti è 17-19 ore in vitro. La lamivudina-TP funge da substrato della polimerasi virale dell’HBV.

La formazione di ulteriore DNA virale è bloccata per incorporazione della lamivudina-TP nella catena e sua successiva terminazione.

La lamivudina-TP non interferisce con il normale metabolismo cellulare dei desossinucleotidi. Inoltre é solo un debole inibitore delle DNA polimerasi alfa e beta dei mammiferi. Inoltre la lamivudina-TP ha scarsi effetti sul contenuto in DNA delle cellule dei mammiferi.

In saggi sui potenziali effetti delle sostanze sulla struttura mitocondriale e sul contenuto e funzione del DNA, la lamivudina è risultata priva di effetti tossici apprezzabili. Ha un bassissimo potenziale nel diminuire il contenuto di DNA mitocondriale, non viene incorporata all’interno del DNA mitocondriale in maniera permanente e non funge da inibitore della DNA polimerasi gamma mitocondriale.

Esperienza clinica

Esperienza in pazienti con CHB HBeAg positiva e con malattia epatica compensata: in studi controllati, un anno di terapia con lamivudina ha soppresso significativamente la replicazione dell’HBV DNA [il 34-57% dei pazienti è risultato al di sotto dei limiti di rilevazione del test (test di ibridizzazione in soluzione Abbott Genostics, LLOD < 1,6 pg/ml)], ha normalizzato i livelli di ALT (nel 40-72% dei pazienti), ha indotto sieroconversione HBeAg (perdita dell’HBeAg e rilevazione dell’HBeAb con perdita dell’HBV DNA [mediante test convenzionali], nel 16-18% dei pazienti), ha migliorato il quadro istologico (il 38-52% dei pazienti ha avuto una diminuzione > di 2 punti secondo l’indice di attività istologica di Knodell [HAI]) e ha ridotto la progressione a fibrosi (nel 3-17% dei pazienti) e la progressione a cirrosi.

Il trattamento protratto con lamivudina per ulteriori due anni, nei pazienti che non erano stati in grado di raggiungere la sieroconversione HBeAg negli studi iniziali controllati di 1 anno, ha evidenziato un ulteriore miglioramento nella fibrosi “a ponte”. Nei pazienti con mutante YMDD dell’HBV, 41/82 (50%) pazienti hanno avuto un miglioramento dei parametri di infiammazione epatica, 40/56 (71%) pazienti senza mutante YMDD dell’HBV, hanno avuto un miglioramento. Il miglioramento nella fibrosi “a ponte” si è verificato in 19/30 (63%) pazienti senza mutante YMDD e in 22/44 (50%) pazienti con il mutante. Il cinque percento (3/56) dei pazienti senza mutante YMDD e il 13% (11/82) dei pazienti con mutante YMDD ha mostrato un peggioramento nei parametri di infiammazione epatica rispetto alla situazione pre-trattamento. La progressione a cirrosi si è verificata in 4/68 (6%) pazienti con mutante YMDD, mentre nessun paziente senza mutante ha avuto una progressione a cirrosi.

In uno studio prolungato di trattamento in pazienti asiatici (NUCB3018) il tasso di sieroconversione HBeAg e quello di normalizzazione delle ALT alla fine del periodo di trattamento di 5 anni, è stato rispettivamente del 48% (28/58) e del 47% (15/32). La sieroconversione HBeAg è risultata aumentata nei pazienti con livelli elevati di ALT; il 77% (20/26) dei pazienti con valori di ALT > di 2 ULN prima del trattamento avevano avuto sieroconversione. Alla fine dei 5 anni tutti i pazienti hanno mostrato livelli di HBV DNA che risultavano non rilevabili o al di sotto dei livelli pre-trattamento.

Ulteriori risultati dallo studio distribuiti in base alla presenza del mutante YMDD sono sintetizzati in Tabella 2.

Tabella 2: efficacia a 5 anni - risultati in base alla presenza/assenza di mutante YMDD, (Studio asiatico) NUCB3018

  Soggetti % (numero)
Mutante/non mutante YMDD: parametri dell’HBV YMDD ¹ Non YMDD ¹
Sieroconversione    
HBeAg    
- tutti i pazienti 38 (15/40) 72 (13/18)
- valori basali di ALT ≤ di 1 ULN ² 9 (1/11) 33 (2/6)
- valori basali di ALT > di 2 ULN 60 (9/15) 100 (11/11)
Valori di HBV DNA non rilevabili    
- valore basale ³ 5 (2/40) 6 (1/18)
- settimana 260 4    
negativo 8 (2/25) 0
positivo < del valore basale 92 (23/25) 100 (4/4)
positivo > del valore basale 0 0
Normalizzazione delle ALT    
- valore basale    
normale 28 (11/40) 33 (6/18)
sopra il normale 73 (29/40) 67 (12/18)
- settimana 260    
normale 46 (13/28) 50 (2/4)
sopra il normale < del valore basale 21 (6/28) 0
sopra il normale > del valore basale 32 (9/28) 50 (2/4)

¹ i pazienti contrassegnati come mutanti YMDD erano quelli con mutante YMDD dell’HBV ≥ del 5% ad almeno un test annuale durante il periodo dei 5 anni. I pazienti classificati come non mutanti YMDD erano quelli con una percentuale di virus dell’HBV selvaggio > del 95% in tutti i test annuali durante il periodo di studio dei 5 anni.

² limiti superiori della norma

³ test di ibridizzazione in soluzione Abbott Genostics (LLOD < 1,6 pg/ml)

4 Chiron Quantiplex test (LLOD 0,7 Meq/ml)

Dati di confronto in base alla presenza del mutante YMDD erano anche disponibili per un’analisi istologica ma solamente fino a tre anni. Nei pazienti con mutante YMDD dell’HBV, 18/39 (46%) hanno avuto miglioramenti nell’attività necroinfiammatoria e 9/39 (23%) hanno evidenziato un peggioramento. Nei pazienti senza il mutante, 20/27 (74%) hanno avuto miglioramenti nell’attività necroinfiammatoria e 2/27 (7%) hanno avuto un peggioramento.

A seguito della sieroconversione HBeAg, la risposta sierologia e la remissione clinica sono generalmente durature dopo l’interruzione della lamivudina. Tuttavia, si può verificare una ricaduta a seguito di sieroconversione. In uno studio di follow-up a lungo termine, in pazienti che avevano avuto una precedente sieroconversione e sospeso la lamivudina, una ricaduta virologica tardiva è avvenuta nel 39% dei soggetti. Pertanto, dopo la sieroconversione HBeAg, i pazienti devono essere controllati periodicamente per valutare che siano mantenute le risposte sierologiche e cliniche. Nei pazienti in cui non è mantenuta una risposta sierologia prolungata deve essere preso in considerazione il ri-trattamento sia con la lamivudina o con un farmaco antivirale alternativo per ristabilire il controllo clinico dell’HBV.

In pazienti seguiti fino a 16 settimane dopo la sospensione del trattamento ad un anno, si sono osservati aumenti delle ALT post-trattamento più frequentemente in quelli trattati con lamivudina rispetto a quelli che avevano ricevuto placebo. Un confronto post-trattamento degli aumenti delle ALT tra la 52a e la 68a settimana nei pazienti che avevano sospeso la lamivudina alla 52a settimana e i pazienti che, negli stessi studi, avevano ricevuto placebo durante tutto il corso del trattamento è mostrato in Tabella 3. La proporzione dei pazienti che avevano avuto innalzamenti delle ALT post-trattamento con un incremento dei livelli di bilirubina è stata bassa e simile in pazienti esposti sia a lamivudina che a placebo.

Tabella 3: aumenti delle ALT dopo trattamento in 2 studi controllati con placebo negli adulti

  Pazienti con aumenti delle ALT / Pazienti osservati *
Valori anomali Lamivudina Placebo
ALT ≥ di 2 volte i valori basali 37/137 (27%) 22/116 (19%)
ALT ≥ di 3 volte i valori basali 29/137 (21%) 9/116 (8%)
ALT ≥ di 2 volte i valori basali e valori assoluti di ALT >500 IU/l 21/137 (15%) 8/116 (7%)
ALT ≥ 2 volte i valori basali; e bilirubina > di 2 volte ULN e ≥ di 2 volte i valori basali 1/137 (0,7%) 1/116 (0,9%)

*Ciascun paziente può essere rappresentato in una o più categorie

Paragonabile al Grado 3 di tossicità in accordo con i criteri modificati WHO

ULN = upper limit of normal (limiti superiori della norma)

Esperienza in pazienti con CHB HBeAg negativa: dati preliminari indicano che l’efficacia della lamivudina nei pazienti con CHB HBeAg negativa è simile a quella nei pazienti con CHB HBeAg positiva, con il 71% dei pazienti che presentano soppressione del HBV DNA al di sotto del limite di rilevazione del test, il 67% di normalizzazione delle ALT e il 38% con miglioramento nell’HAI dopo un anno di trattamento. Quando la lamivudina veniva sospesa, la maggior parte dei pazienti (70%) ha mostrato una ripresa della replicazione virale. I dati derivano da uno studio di trattamento prolungato (NUCAB3017) in pazienti HBeAg negativi trattati con lamivudina. Dopo due anni di trattamento in questo studio, la normalizzazione delle ALT e la non rilevabilità del HBV DNA si è verificata in 30/69 (43%) e 32/68 (47%) pazienti rispettivamente, mentre il miglioramento nel punteggio necroinfiammatorio è stato evidenziato in 18/49 (37%) pazienti. Nei pazienti senza mutante YMDD dell’HBV, 14/22 (64%) pazienti hanno mostrato miglioramento dell’indice necroinfiammatorio e 1/22 (5%) pazienti aveva avuto un peggioramento rispetto alla situazione pre-trattamento. Nei pazienti con mutante, 4/26 (15%) pazienti hanno mostrato miglioramento dell’indice necroinfiammatorio e 8/26 (31%) pazienti hanno avuto un peggioramento rispetto alla situazione pre-trattamento. Nessun paziente di entrambi i gruppi ha avuto una progressione a cirrosi.

Frequenza di emergenza del mutante YMDD dell’HBV e impatto sulla risposta al trattamento: la monoterapia con lamivudina porta ad una selezione del mutante YMDD dell’HBV in circa il 24% dei pazienti dopo un anno di terapia, che aumentano a 69% dopo 5 anni di terapia. Lo sviluppo del mutante YMDD dell’HBV è associato ad una ridotta risposta al trattamento in alcuni pazienti come evidenziato dai livelli aumentati di HBV DNA e dall’innalzamento delle ALT rispetto ai precedenti livelli in corso di trattamento, dalla progressione dei segni e sintomi di epatite e /o dal peggioramento degli indici di necroinfiammazione epatica. La gestione terapeutica ottimale dei pazienti con mutante YMDD dell’HBV non è ancora stata stabilita (vedere paragrafo 4.4).

In uno studio in doppio cieco, in pazienti con CHB con mutante YMDD dell’HBV e malattia epatica compensata (NUC20904), con una ridotta risposta virologica e biochimica alla lamivudina (n=95), l’aggiunta di adefovir dipivoxil 10 mg una volta al giorno al corrente regime di lamivudina 100 mg per 52 settimane è risultata in una riduzione mediana dell’HBV DNA di 4,6 log10 copie/ml rispetto all’incremento mediano di 0,3 log10 copie/ml nei pazienti trattati con lamivudina in monoterapia. La normalizzazione dei livelli delle ALT si è verificata nel 31% (14/45) dei pazienti trattati con la terapia combinata rispetto al 6% (3/47) dei pazienti trattati con lamivudina da sola. La soppressione virale si è mantenuta (studio di follow-on NUC20917) con la terapia di combinazione durante il secondo anno di trattamento alla settimana 104 con i pazienti che avevano continuato a migliorare nella risposta virologica e biochimica.

In uno studio retrospettivo per determinare i fattori associati all’innalzamento dell’HBV DNA, 159 pazienti asiatici HBeAg positivi erano stati trattati con lamivudina e seguiti per un periodo medio di almeno 30 mesi. Quei pazienti con livelli di HBV DNA maggiori di 200 copie/ml a 6 mesi (24 settimane) di terapia con lamivudina avevano un 60% di possibilità di sviluppare il mutante YMDD in confronto all’8% di quei soggetti con livelli di HBV DNA inferiori a 200 copie/ml a 24 settimane di terapia con lamivudina. Il rischio di sviluppo del mutante YMDD è stato del 63% rispetto al 13% con un limite di 1000 copie/ml (NUCB3009 e NUCB3018).

Esperienza in pazienti con malattia epatica scompensata: in pazienti con malattia epatica scompensata non sono stati intrapresi studi controllati con placebo perchè considerati inappropriati. In studi non controllati, nei quali la lamivudina veniva somministrata prima e durante il trapianto, veniva dimostrata un’efficace soppressione dell’HBV DNA e la normalizzazione dell’ ALT. Quando la terapia con lamivudina è stata protratta dopo il trapianto, si verificavano una riduzione del tasso di re-infezione del trapianto da parte dell’HBV, un aumento della perdita dell’ HBsAg e un tasso di sopravvivenza ad un anno dal trapianto del 76 - 100%.

Come previsto, a causa della concomitante immunosoppressione, il tasso di insorgenza di mutanti YMDD dell’HBV dopo 52 settimane di trattamento, è stato più alto (36% - 64%) nella popolazione con trapianto del fegato rispetto ai pazienti immunocompetenti con CHB (14% - 32%).

Quaranta pazienti (HBeAg negativi o HBeAg positivi) sia con malattia epatica scompensata o con ricomparsa dell’HBV dopo trapianto del fegato e mutante YMDD sono stati arruolati in un braccio in aperto dello studio NUC20904. L’aggiunta di 10 mg di adefovir dipivoxil una volta al giorno al corrente regime di lamivudina di 100 mg per 52 settimane, ha evidenziato una diminuzione mediana dell’HBV DNA pari a 4,6 log10 copie/ml. Inoltre è stato riscontrato un miglioramento della funzionalità epatica dopo un anno di terapia. Questo livello di soppressione virale si è mantenuto (studio di follow-on NUC20917) con la terapia di combinazione durante il secondo anno di trattamento alla settimana 104 e la maggior parte dei pazienti ha avuto un miglioramento nei marker di funzionalità epatica e ha continuato a trarre beneficio clinico.

Esperienza nei pazienti con CHB con fibrosi avanzata o cirrosi: in uno studio controllato con placebo in 651 pazienti con epatite cronica B compensata clinicamente e con fibrosi o cirrosi confermata istologicamente, il trattamento con lamivudina (durata mediana 32 mesi) ha ridotto in maniera significativa il livello di progressione complessiva della malattia (34/436, 7,8% per la lamivudina rispetto a 38/215, 17,7% per il placebo, p = 0,001), dimostrato da una riduzione significativa della quota di pazienti che avevano valori di Child-Pugh aumentati (15/436, 3,4% rispetto a 19/215, 8,8%, p = 0,023) o che sviluppavano carcinoma epatocellulare (17/436, 3,9% rispetto a 16/215, 7,4%, p= 0,047). Il tasso di progressione complessiva della malattia nel gruppo trattato con lamivudina è stato maggiore nei soggetti con presenza di mutante YMDD dell’HBV (23/209, 11%) in confronto a quelli senza presenza di mutante YMDD dell’HBV (11/221, 5%). Tuttavia la progressione della malattia nei soggetti con mutante YMDD nel gruppo trattato con lamivudina è stata più bassa rispetto alla progressione della malattia nel gruppo trattato con placebo (23/209, 11% rispetto a 38/214, 18% rispettivamente). La sieroconversione HBeAg confermata si è verificata nel 47% (118/252) dei soggetti trattati con lamivudina e il 93% (320/345) dei soggetti che assumevano lamivudina diventava HBV DNA negativo (VERSANT [versione 1], test bDNA, LLOD < 0,7 Meq/ml) durante lo studio.

Esperienza nei bambini e negli adolescenti: la lamivudina è stata somministrata ai bambini e agli adolescenti con CHB compensata in uno studio controllato con placebo di 286 pazienti di età compresa tra i 2 e i 17 anni. Questa popolazione era costituita soprattutto da bambini con epatite B minima. Un dosaggio di 3 mg/kg una volta al giorno (fino ad un massimo di 100 mg al giorno) è stato impiegato nei bambini di età compresa tra i 2 e gli 11 anni e un dosaggio di 100 mg una volta al giorno negli adolescenti di età pari o superiore ai 12 anni. Tale dosaggio necessita di essere ulteriormente convalidato. La differenza negli indici di sieroconversione HBeAg (scomparsa dell’HBeAg e HBV DNA con rilevazione di HBeAb) tra i gruppi trattati con placebo e quelli trattati con lamivudina non era statisticamente significativa in questa popolazione (gli indici dopo un anno erano 13% (12/95) per il gruppo trattato con placebo rispetto al 22% (42/191) per il gruppo trattato con lamivudina; p = 0.057). L’incidenza del mutante YMDD dell’HBV è risultata simile a quella osservata negli adulti con un range dal 19%, alla 52a settimana, fino a raggiungere il 45% nei pazienti trattati ininterrottamente per 24 mesi.


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05.2 Proprietà farmacocinetiche - Inizio Pagina

Assorbimento: la lamivudina è ben assorbita nel tratto gastrointestinale, e la biodisponibilità della lamivudina orale negli adulti è compresa normalmente tra l’80 e l’85%. A seguito di somministrazione orale, il tempo di picco (Tmax) medio della concentrazione sierica massima (Cmax) è di circa 1 ora. A dosi terapeutiche, cioè 100 mg/die, la Cmax è dell’ordine di 1,1-1,5 mcg/ml, ed i valori minimi sono 0,015-0,020 mcg/ml.

La somministrazione della lamivudina in concomitanza con il cibo determina un ritardo del Tmax e una diminuzione del Cmax (ridotto fino al 47%). Tuttavia, non essendo influenzato il tasso (calcolato in base alla AUC) di lamivudina assorbita, la lamivudina può essere somministrata con o senza cibo.

Distribuzione: studi in seguito alla somministrazione per via endovenosa mostrano che il volume medio di distribuzione è pari a 1,3 l/kg. La lamivudina mostra una farmacocinetica lineare nell’ambito delle dosi terapeutiche ed evidenzia una bassa percentuale di legame plasmatico con l’albumina.

Dati limitati mostrano che la lamivudina penetra nel sistema nervoso centrale e raggiunge il fluido cerebrospinale. Il rapporto medio tra la concentrazione della lamivudina nel liquor e nel siero, dopo 2-4 ore dalla somministrazione orale, è di circa 0,12.

Metabolismo: la lamivudina viene escreta, immodificata, principalmente per via renale. A causa del limitato metabolismo epatico (5-10%) e del ridotto legame con le proteine plasmatiche, è bassa la probabilità di interazioni metaboliche di altre sostanze con la lamivudina.

Eliminazione: il valore medio di clearance sistemica della lamivudina è circa 0,3 l/h/kg. Il tempo medio di eliminazione osservato è compreso fra le 5 e le 7 ore. La lamivudina è prevalentemente escreta immodificata nelle urine attraverso filtrazione glomerulare e secrezione attiva (sistema di trasporto dei cationi organici). La clearance renale è responsabile del 70% dell’eliminazione della lamivudina.

Categorie speciali di pazienti:

Studi in pazienti con insufficienza renale mostrano che l’eliminazione della lamivudina è influenzata dalla disfunzione renale. È necessaria una riduzione della dose in quei pazienti con clearance della creatinina inferiore a 50 ml/min (vedere paragrafo 4.2).

La farmacocinetica della lamivudina non è modificata dalla disfunzione epatica. Dati limitati su pazienti sottoposti a trapianto di fegato mostrano che lo scompenso della funzionalità epatica non influenza la farmacocinetica della lamivudina in maniera significativa, a meno che non si accompagni a disfunzione renale.

Sulla base del profilo farmacocinetico della lamivudina è ipotizzabile che nei pazienti anziani il normale invecchiamento con il concomitante declino della funzionalità renale non abbia significativi effetti clinici sull’esposizione alla lamivudina, se si escludono i pazienti con clearance della creatinina inferiore a 50 ml/min (vedere paragrafo 4.2).


05.3 Dati preclinici di sicurezza - Inizio Pagina

Negli studi di tossicità nell’animale, la somministrazione di lamivudina ad alte dosi non è stata associata ad alcuna rilevante tossicità d’organo. Alle dosi più elevate, sono stati osservati effetti minori sugli indicatori della funzionalità epatica e renale, oltre che occasionali riduzioni nel peso del fegato.

Una riduzione del numero di eritrociti e di neutrofili è stata identificata come l’effetto probabilmente più rilevante dal punto di vista clinico. Questi eventi sono stati riferiti raramente durante gli studi clinici.

La lamivudina non si è dimostrata mutagena nei test sui batteri ma, come molti analoghi dei nucleosidi, ha presentato attività in un test citogenetico in vitro e nel test sul linfoma del topo. La lamivudina non è genotossica in vivo a dosi che inducono concentrazioni plasmatiche circa 60-70 volte più alte dei livelli plasmatici previsti in ambito clinico. Poiché l’attività mutagena in vitro della lamivudina non è stata confermata dai test in vivo, ne consegue che la lamivudina non dovrebbe rappresentare un rischio genotossico per i pazienti in trattamento.

Gli studi sulla riproduzione negli animali non hanno evidenziato teratogenicità, né alcun effetto sulla fertilità nel maschio o nella femmina. Quando somministrata a coniglie gravide, a livelli di esposizione paragonabili a quelli raggiunti nell’uomo, la lamivudina induce letalità precoce dell’embrione. Ciò non si verifica nel ratto anche a esposizioni sistemiche molto elevate.

I risultati di studi a lungo termine di cancerogenesi con la lamivudina nel ratto e nel topo non hanno mostrato alcun potenziale cancerogeno


06.0 INFORMAZIONI FARMACEUTICHE - Inizio Pagina

06.1 Eccipienti - Inizio Pagina

Nucleo della compressa:

Cellulosa microcristallina

Sodio amido glicolato

Magnesio stearato

Rivestimento della compressa:

Ipromellosa

Titanio diossido

Macrogol 400

Polisorbato 80

Ossidi sintetici di ferro giallo e rosso


06.2 Incompatibilità - Inizio Pagina

Non pertinente


06.3 Periodo di validità - Inizio Pagina

3 anni.


06.4 Speciali precauzioni per la conservazione - Inizio Pagina

Conservare a temperatura non superiore ai 30°C.


06.5 Natura e contenuto della confezione - Inizio Pagina

Confezione contenente 28 o 84 compresse rivestite con film in blister Al/PVC.

È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.


06.6 Istruzioni per l'uso e la manipolazione - Inizio Pagina

Il prodotto non utilizzato deve essere smaltito in conformità alla normativa locale vigente.


07.0 TITOLARE DELL'AUTORIZZAZIONE ALL'IMMISSIONE IN COMMERCIO - Inizio Pagina

Glaxo Group Ltd - Greenford Road, Greenford, Middlesex UB6 0NN - Regno Unito


08.0 NUMERI DELLE AUTORIZZAZIONI ALL'IMMISSIONE IN COMMERCIO - Inizio Pagina

EU/1/99/114/001, AIC: 034506016

EU/1/99/114/002, AIC: 034506028


09.0 DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL'AUTORIZZAZIONE - Inizio Pagina

Data della prima autorizzazione: 29 Luglio 1999

Data dell’ultimo rinnovo: 27 Agosto 2009


10.0 DATA DI REVISIONE DEL TESTO - Inizio Pagina