HOME PAGE CARLOANIBALDI.COM    HOME PAGE ANIBALDI.IT

 

 

 

 

Sorry, your browser doesn't support Java.

 

 

ARGOMENTI DI MEDICINA CLINICA

VAI ALL'INDICE

 

 '900 MEDIATECA

 Ultimo aggiornamento: 23.12.2013

mail to Webmaster

PRIVACY POLICY

 

DISPNEE

 

B. TARTAGLINO

 

 

La dispnea, sintomo di estrema importanza in numerose malattie cardio-respiratorie, può essere definita come una "anomala sensazione soggettiva" talora associata ad uno stato di ansia o di angoscia "legata alla consapevolezza di respirare". Richards ha descritto la dispnea come "uno strano fenomeno della vita, a metà tra il conscio e l'inconscio, e particolarmente sensibile ad entrambi".

In realtà il termine dispnea è la "traduzione in linguaggio medico" della sensazione riferita dal paziente di difficoltà a respirare o mancanza di fiato, e comprende numerose e differenti sensazioni provenienti dall'apparato respiratorio, mediate poi dalla capacità di esprimersi del paziente, dal suo livello culturale, dalla sua sensibilità a percepire stimoli dolorosi e dallo stato d'ansia in cui si può trovare.

"Mancanza di fiato" è infatti riferita sia dal soggetto normale in seguito ad uno sforzo non abituale (ad esempio costretto a rincorrere l'autobus), sia dall'asmatico nel corso della crisi; ma nel primo caso la sensazione viene percepita solo quando il nostro soggetto è finalmente sull'autobus e la sua attenzione, non più distratta, può concentrarsi sul suo apparato respiratorio.

Questa osservazione, come l'esistenza della dispnea psicogena, dimostra l'importanza rilevante delle influenze corticali nella sensazione di dispnea.

Si può affermare pertanto che la "mancanza di fiato" è una sensazione "normale" o "anormale" a seconda delle circostanze in cui si manifesta; durante un esercizio fisico, ad esempio, è anormale se compare a livelli di sforzo solitamente tollerati dal soggetto in questione.

La definizione data pone la dispnea tra i sintomi strettamente soggettivi e la differenzia da numerose alterazioni del pattern respiratorio che possono essere rilevate obiettivamente (vedi oltre).

 

La respirazione è regolata da una serie di meccanismi centrali e periferici capaci di adeguare la ventilazione ad un'accresciuta richiesta metabolica (esercizio fisico), ma anche di aumentare sproporzionatamente la ventilazione in risposta a stimoli emotivi (ansia, paura).

Normalmente, a riposo, non vi è la percezione di respirare, durante uno sforzo fisico un individuo può "rendersi conto di respirare " e tale percezione può risultare sgradevole durante un esercizio massimale, ma è comunque limitata nel tempo e proporzionata all'entità dello sforzo, nel singolo soggetto, che può essere allenato o meno a compierlo.

Si presentano quindi al medico alcuni problemi.

Riconoscere la dispnea: il paziente può riferire in vari modi tale sensazione e poiché abbiamo precisato che il sintomo è soggettivo, ci possiamo valere unicamente del dato anamnestico. Difficoltà a respirare, mancanza d'aria, costrizione al torace, o al collo, necessità di respirare profondamente, affanno, talvolta anche dolore sono i termini più spesso usati nel definire la dispnea.

Va notato che non sempre il dato soggettivo è correlabile con l'obiettività: in fatti molto spesso, ad esempio, il paziente tachipnoico per acidosi diabetica non lamenta dispnea.

Quantificare la dispnea: nel caso della dispnea da sforzo è importante stabilire l'entità dello sforzo che produce il sintomo.

Naturalmente tale dato va correlato con le caratteristiche del singolo paziente: età, peso, attività lavorativa, patologie accertate, allenamento fisico.

Alcune classificazioni funzionali dei pazienti cardio- o pneumopatici si basano sulla dispnea (tab.01x), considerata tra i sintomi fondamentali.

Circostanze in cui compare la dispnea e sintomi di accompagnamento: come vedremo più dettagliatamente in seguito, può aiutare molto nella diagnosi caratterizzare la dispnea per le modalità di insorgenza: da sforzo, a riposo, da decubito supino (ortopnea), da decubito su un fianco (trepopnea), da posizione eretta, ad insorgenza improvvisa, parossistica, cronica ecc. Nonché indagare sugli eventuali sintomi di accompagnamento: palpitazioni, dolori toracici di tipo pleurico, dolore retrosternale, tosse, emoftoe, stati d'ansia, stress ecc..

 

 

Meccanismi fisiologici della respirazione

 

Riassumiamo brevemente i meccanismi fisiologici della respirazione al fine di favorire la comprensione delle basi fisiopatologiche della dispnea.

 

Ventilazione.   È il processo che determina l'ingresso dell'aria nelle vie aeree e nel compartimento aereo degli alveoli, ove avvengono gli scambi gassosi con il sangue.

Durante la respirazione normale sono inspirati circa 500 ml di aria per 15 volte al minuto, ma poiché lo spazio morto anatomico è di 150 ml solo 350 ml x 15 ( = 5 litri/minuto) raggiungono gli alveoli: ventilazione alveolare. Circa 300 ml di O2 e 250 ml di CO2 attraversano, in direzione opposta, la membrana alveolocapillare in un minuto.

Durante l'attività fisica la ventilazione e gli scambi gassosi possono aumentare fino a 20 volte.

 

Controllo della ventilazione. La ritmicità e la profondità del respiro sono controllate dal centro respiratorio localizzato nel midollo, i cui chemocettori sono particolarmente sensibili alla concentrazione parziale della CO2 arteriosa (PaCO2). In realtà i chemocettori sono sensibili alla discesa del pH extracellulare che deriva da un eccesso di CO2, gas capace di attraversare facilmente la barriera ematoencefalica.

L'ipossiemia arteriosa agisce sui chemiocettori periferici dei glomi carotidei: lo stimolo solitamente è debole, ma può divenire dominante in pazienti con ipossiemia cronica.

Il pH del sangue arterioso aumenta la ventilazione con meccanismo indipendente della PaCO2 (ipocapnia nelle acidosi metaboliche).

Anche alcuni recettori posti nei polmoni (di stiramento, juxtacapillari o J) sono in grado di influenzare la ventilazione.

 

Polmoni e parete toracica.I polmoni sono strutture elastiche che tendono a collassarsi se non sono tenuti in espansione; la pressione all'interno di essi (pressione alveolare) è uguale a quella atmosferica. La pressione pleurica è invece inferiore a quella atmosferica.

Tale pressione "negativa" mantiene il polmone espanso ed è determinata dalla tendenza del torace, anch'esso elastico, ad espandersi.

 

Muscoli respiratori. Il principale muscolo della fase inspiratoria è il diaframma, innervato dai nervi frenici che nascono a livello del 3°-4°-5° segmento cervicale; l'escursione del diaframma varia da 1 cm nella respirazione normale a 10 cm in quella massimale.

Altri muscoli che partecipano all'attività inspiratoria sono i muscoli intercostali esterni, innervati dai rispettivi nervi intercostali, ed i muscoli accessori, che possono contrarsi vigorosamente nel paziente dispnoico: i muscoli scaleni (elevatori delle prime due coste) e i muscoli sternocleidomastoidei (elevatori dello sterno).

L'espirazione è passiva durante la normale respirazione. L'esercizio, l'iperventilazione volontaria, la broncoostruzione ecc. possono far sì che l'espirazione diventi attiva. Entrano allora in azione i muscoli della parete addominale (retti, obliqui interni ed esterni, trasverso).

La loro contrazione aumenta la pressione endo-addominale e fa alzare le cupole diaframmatiche.

Anche i muscoli intercostali interni concorrono (sebbene in misura minore) alla fase espiratoria.

 

Compliance. La compliance o distensibilità si riferisce alle proprietà elastiche del polmone ed a quelle della parete toracica. Normalmente la caduta della pressione intrapleurica di 1 cm di H2O provoca una espansione polmonare di circa 200 ml. Brevemente, rammentiamo che le principali componenti che influenzano la distensibilità polmonare sono il suo contenuto in fibre elastiche e collagene, la tensione superficiale alveolare e la presenza di surfactante (che agisce riducendo la tensione alveolare). Nell'enfisema e nell'anziano il polmone aumenta la sua compliance (atteggiamento inspiratorio); si riduce invece in corso di numerose patologie (fibrosi polmonare, ispessimenti pleurici, atelettasia, scompenso ventricolare sinistro ecc.).

 

Resistenze delle vie aeree. Il movimento dell'aria che percorre le vie aeree richiede una forza (che va sommata alle forze statiche menzionate in precedenza) necessaria a vincere le resistenze opposte al flusso aereo.

I valori normali sono 1-2 cm H2O/litro/secondo; le resistenze aumentano con l'aumentare del flusso. La regione dell'albero bronchiale di massima resistenza al flusso è quella dei bronchi di medio calibro, mentre le piccole vie aeree (diametro < ai 2 mm) contribuiscono solo per il 20% alle resistenze globali delle vie aeree.

Fisiologicamente le resistenze polmonari aumentano durante l'espirazione, questo fenomeno si accresce molto in corso di espirazione forzata, con l'inalazione di fumo di sigaretta o di altri irritanti e nelle malattie ostruttive polmonari.

 

Lavoro respiratorio. Come si è visto, il muovere polmoni, gabbia toracica e aria nelle vie aeree richiede un lavoro, compiuto dai muscoli respiratori, con conseguente consumo di ossigeno. Nel soggetto normale il costo energetico della respirazione è trascurabile, ma nel paziente affetto da grave ostruzione delle vie aeree il consumo di O2 può divenire una frazione non indifferente del consumo totale.

I pazienti con "rigidità" dei polmoni o della gabbia toracica, per ridurre il consumo di ossigeno, adottano una respirazione superficiale e frequente: tale pattern respiratorio è però a sua volta svantaggioso, in quanto buona parte dell'aria mossa con la ventilazione appartiene allo spazio morto ed è pertanto inutile alla respirazione (fig.01x).

 

Perfusione sanguigna. Sangue venoso è pompato dal ventricolo destro nel letto alveolare polmonare in quantità di 5 litri al minuto, nell'adulto normale a riposo; il rapporto ventilazione/perfusione è pertanto uguale a 1.

 

Distribuzione dei flussi ematici nel polmone. La distribuzione del sangue nel polmone normale è influenzata dalle forze idrostatiche, pertanto è maggiore nelle regioni declivi e minore in quelle superiori.

Nel soggetto in piedi il flusso ematico per unità di volume è minimo agli apici polmonari e aumenta notevolmente e progressivamente verso le basi; analogamente nel soggetto sdraiato il gradiente si crea tra la parte declive (dorsale nel soggetto supino) e quella superiore del polmone (fig.02x).

La distribuzione descritta subisce variazioni nelle malattie cardiache e polmonari, e diviene ulteriormente disomogenea in caso di ipotensione del distretto arterioso polmonare o di aumento della pressione alveolare (ventilazione meccanica a pressione positiva).

 

Distribuzione della ventilazione polmonare. L'inalazione di aria a bassi volumi polmonari (poco superiori al volume residuo) comporta una distribuzione prevalentemente alle zone elevate del polmone ( apice in posizione eretta ); successivamente, per volumi vicini alla capacità residua funzionale, il fenomeno si inverte e la migliore ventilazione interessa le zone declivi. Normalmente, pertanto, la ventilazione polmonare segue un andamento analogo alla perfusione, anche se in maniera meno marcata: aumenta cioè dall'alto al basso.

In alcune condizioni però, in cui i volumi polmonari sono relativamente bassi (chirurgia addominale, obesità ecc.), vi può essere una alterazione degli scambi gassosi.

 

Scambi gassosi. Abbiamo visto che il rapporto ventilazione/perfusione è complessivamente uguale a 1, ma in conseguenza di quanto è stato detto, è evidente che tale rapporto varia in regione della posizione del soggetto e della regione polmonare in esame.   È perciò elevato all'apice del polmone (soggetto in piedi) e basso alla base.

Risulta evidente che un'alterazione del rapporto ventilazione/perfusione, ed in modo particolare la perfusione di zone polmonari scarsamente o per nulla ventilate, porta inevitabilmente alla cattiva ossigenazione (ridotta pressione arteriosa dell'ossigeno: PaO2) del sangue arterioso ed alla ritenzione di anidride carbonica (elevata PaCO2).

Esistono meccanismi fisiologici di compenso, su cui non ci soffermeremo, che in linea generale riducono la perfusione ematica di aree ipoventilate e provocano un aumento delle resistenze delle vie aeree nelle zone polmonari ipoperfuse. Nella pratica, un aumento della ventilazione nel polmone patologico può, almeno fino ad un certo punto, riportare nella norma i valori di PaCO2, ma non quelli di PaO2; ciò è in relazione alla differenza esistente tra le curve di dissociazione dei due gas.

Effettivamente l'alterazione del rapporto ventilazione/perfusione è la causa più frequente di insufficienza respiratoria nelle malattie generalizzate dei polmoni, quali ad esempio enfisema, pneumoconiosi, interstiziopatie, bronchite cronica ecc.

 

Diffusione attraverso la membrana alveolo-capillare. I due comparti, aereo ed ematico, sono separati tra loro dalla barriera alveolo-capillare che i gas attraversano con un meccanismo di semplice diffusione (tab.13x).

La permeabilità della membrana alveolo-capillare all'O2 e le proprietà dell'emoglobina fanno sì che, anche se il tempo trascorso dai globuli rossi nell'attraversare i capillari polmonari è assai breve, occorre solo 1/3 di questo tempo perché la saturazione dell'emoglobina sia completa. Ciò permette che avvenga una completa saturazione dell'emoglobina anche in condizioni di esercizio fisico estremo, in cui il tempo di transito si riduce a 1/2-1/3 del normale. La diffusione della CO2 è ancora migliore di quella dell'ossigeno, non presenta pertanto problemi nei polmoni normali.

La diffusione alveolo-capillare risulta alterata nelle malattie in cui si ha una riduzione della sua superficie totale (pneumonectomia, enfisema), oppure un aumento della distanza che i gas devono percorrere tra i due comparti ( malattie interstiziali polmonari, pneumoconiosi, sarcoidosi, carcinomatosi ecc.).

 

Equazione di Starling. I principi che regolano gli scambi polmonari di liquidi, tra i capillari e l'interstizio polmonare, sono stati descritti da Starling e sono riassunti nell'equazione riportata nella tab.14x.

I fattori che tendono a fare uscire liquido dai vasi sono Pc e PgrecoIS, normalmente controbilanciati dalle forze che tendono a trattenere i liquidi all'interno dei capillari.

I liquidi che vengono filtrati sono allontanati con il flusso linfatico, che può aumentare impedendone l'accumulo nelI'interstizio.

 

La capacità di drenaggio linfatico è superata nell'edema polmonare cardiogeno; in un tempo successivo, con l'aggravarsi del quadro, si ha l'apertura delle giunzioni endoteliali prima e intracellulari alveolari poi, con una notevole variazione dei coefficienti di permeabilità (K) e di riflessione (sigma); ciò comporta l'accumulo di liquido nell'interstizio e successivamente negli spazi aerei, e la possibilità di fuoriuscita di macromolecole.

 

 

Meccanismi fisiopatologici della dispnea

 

Sono ben lungi dall'essere chiariti i meccanismi fisiopatologici per cui si avverte la sensazione definita dispnea; né si conoscono con certezza gli stimoli, i recettori e le vie di conduzione che concorrono nel dare le informazioni necessarie. Esporremo brevemente le notizie certe e le ipotesi più attendibili al riguardo.

Si ritiene attualmente che la dispnea origini principalmente da recettori posti nell'apparato respiratorio, in grado di inviare stimoli al cervello.

Nel cervello le informazioni sensitive, che giungono dalla periferia, vengono modulate ed integrate e possono essere portate a livello di coscienza o soppresse a livello subconscio.

L'attenzione è pertanto un requisito indispensabile alla percezione della dispnea: il focalizzare su altro l'attenzione (vedi esempio dell'autobus) o l'obnubilamento della coscienza alterano tale percezione.

L'analisi, quantificazione e correlazione della dispnea con dati clinici e strumentali rimane al momento del tutto empirica. La correlazione più evidente è data dal rapporto tra la ventilazione minuto (in determinate condizioni: riposo o sforzo) e la ventilazione volontaria massima (MW) per quel soggetto. Cioè, quanto più la ventilazione attuale si avvicina a quella massima tanto più è probabile la comparsa di dispnea (inevitabile per valori del 30-40%).

Tuttavia, nelle malattie polmonari croniche (come bronchite cronica e l'enfisema) la ventilazione attuale può essere una frazione della MW superiore al 50% senza che compaia la sensazione dispnoica.

  È ipotizzabile quindi un meccanismo di adattamento alla sensazione di "mancanza di respiro" ogni qual volta lo stimolo è prolungato nel tempo.

 

Cerchiamo di schematizzare gli eventi determinanti e le strutture interessate nel raccogliere, trasmettere e ricevere gli stimoli che, decodificati a livello dei centri nervosi superiori, evocano il sintomo dispnea. Come già sottolineato non esistono dimostrazioni certe al proposito.

 

Recettori. Possono essere interessati i recettori situati nei polmoni, nelle vie aeree, nei muscoli respiratori, nei vasi sanguigni e nelle articolazioni costo-vertebrali.

Nei polmoni vi sono recettori che inviano al SNC informazioni, tramite il vago, sul volume dei polmoni, la pressione intrapleurica e la velocità con cui avvengono i movimenti dell'apparato respiratorio; il loro ruolo sembra essere importante soprattutto nella dispnea che accompagna l'asma.

I recettori juxtacapillari (J) sono situati nello spazio interstiziale alveolare e rispondono alla deformazione stimolando l'aumento della frequenza respiratoria. Essi vengono attivati dalla congestione e dall'edema interstiziale, e probabilmente da altri disordini che deformano l'interstizio. Nei muscoli respiratori (più negli intercostali che nel diaframma) sono situati recettori fusiformi in grado di registrare l'appropriatezza del rapporto lunghezza/tensione.

Campbell e Horwell hanno elaborato l'ipotesi secondo la quale una discordanza fra lo sforzo fatto per respirare e la profondità del respiro sarebbe il segnale capace di evocare la dispnea.

Sicuramente alcuni stimoli chimici sono in grado di causare la sensazione di mancanza di respiro (studi su soggetti normali durante respirazione di miscele ad alto tenore di CO2 confermano tale affermazione). Non vi è dubbio che i chemocettori carotidei siano coinvolti, ma forse anche altri chemocettori possono contribuire, specie durante l'esercizio fisico, al meccanismo della dispnea. Altri recettori potenzialmente attivi, e capaci di modificare la ventilazione, sono quelli atriali, in grado di registrare la distensione, ed i recettori tissutali, che possono adeguare la ventilazione al livello di attività metabolica.

 

Vie nervose. Le afferenze che raggiungono i centri superiori utilizzano prevalentemente la via dei nervi vaghi; il blocco di tali nervi può infatti migliorare alcune forme di dispnea invalidante, ma non tutte.

Poco influenzata è la dispnea nei pazienti affetti da bronchite cronica ed enfisema. Anche i nervi frenici sembrano portare stimoli ai centri superiori e vi sono alcune dimostrazioni di un mutuo potenziamento degli stimoli provenienti dai nervi vaghi e frenici.

 

Sistema nervoso centrale. L'esistenza di numerosi recettori in grado, se stimolati, di influenzare la ventilazione e produrre aggiustamenti della funzione respiratoria, implica la presenza di un centro di integrazione a livello cerebrale. Gli stimoli convergono verosimilmente nella formazione reticolare del midollo, che contiene anche il centro respiratorio; il livello di attività nervosa è in grado di influenzare i neuroni respiratori.

Complesse interazioni tra la sostanza reticolare ed i centri superiori determinano la possibilità, per tali stimoli, di raggiungere il livello della coscienza.

 

 

Cause di dispnea e diagnostica differenziale

 

L'eziologia  delle dispnee è elencata nella tab.02x; Di seguito considereremo singolarmente le principali cause, evidenziandone le caratteristiche più importanti e i criteri di diagnosi, clinici e strumentali.

 

 

OSTRUZIONE DELLE VIE AEREE SUPERIORI

 

L'ostruzione delle vie aeree superiori può avvenire acutamente o cronicamente. Il primo caso solitamente si manifesta con un quadro di estrema drammaticità e può costituire una vera emergenza.

 

 

Cause principali

 

Edema del laringe. In corso di reazioni allergiche scatenate da farmaci, vaccini e sieri, punture di insetti, alimenti; nella carenza di inibitore della C1-esterasi che può essere ereditaria ( angioedema ereditario di Otuncke) o acquisita (solitamente di accompagnamento ad altre malattie: linfoproliferative, anemie emolitiche, autoimmuni, ecc. ); reattivo come nel raro caso di punture di insetti penetrati accidentalmente in gola; infettivo, in corso di laringite specie nei bambini (vedi oltre).

 

Ingestione di un corpo estraneo, frequente soprattutto nei bambini durante il pasto o il gioco.

 

Neoplasie di laringe, trachea, tiroide.

 

Retrazioni cicatriziali in pazienti operati o intubati per lungo tempo.

Queste ultime due cause sono solitamente responsabili di dispnea cronica.

 

 

Quadro clinico

 

  È spesso drammatico: capo iperesteso, dispnea di tipo inspiratorio accompagnata a contrazione dei muscoli ausiliari e rientramento del giugulo e delle fosse sopraclavicolari (tirage), stridore inspiratorio (cornage).

Sono costanti le modificazioni della voce.

A seconda del grado di ostruzione si osserva cianosi, turgore delle vene del collo, agitazione estrema, ipotensione, tachicardia. La cute può presentare i segni di una reazione allergica: orticaria, eritema, edemi del viso.

 

 

 

Esami di laboratorio e strumentali

 

Raramente l'esame radiologico permette di visionare un corpo estraneo.

Esame fondamentale è la laringoscopia indiretta e diretta o la broncoscopia.

 

 

Cause di dispnea laringea nel bambino

 

Specie nel bambino piccolo le cause di dispnea laringea sono numerose, in relazione anche al calibro minuto del laringe ed alla lassità del suo corion, che permette con facilità la formazione dell'edema.

 

Laringospasmo: edema ipoglottico improvviso che colpisce solitamente di notte in pieno benessere.

 

Laringotracheite acuta: la crisi dispnoica è preceduta da rinofaringite febbrile ad eziologia virale; l'interessamento laringeo è più graduale: tosse, disfonia seguita da dispnea, tirage e stridore inspiratorio.

 

Epiglottite: forma grave di ostruzione causata dall'infezione dell'epiglottide sostenuta dall'Haemophilus influenzae. L'evoluzione è rapida: febbre settica, dolore alla deglutizione, dispnea inspiratoria. La tosse non è caratteristica del quadro clinico.

 

Corpo estraneo nelle vie aeree: come si è detto è un evento non raro specie nei bambini piccoli, causato dall'ingestione di cibo o altro materiale (bottoni, pezzi di giocattoli ecc.); la diagnosi non è facile quando l'ingestione non avviene in presenza di un adulto e il bambino non è in grado di riferire l'accaduto.

La dispnea e la tosse insistente devono fare sospettare la diagnosi: il quadro può assumere aspetti di urgenza assoluta in caso di dispnea inspiratoria ingravescente, un cornage e tirage, disfonia o afonia.

Di ausilio alla diagnosi differenziale con le forme descritte prima sono l'insorgenza acuta nelle ore diurne (il laringospasmo è tipicamente notturno), l'assenza di febbre elevata (epiglottite) o di febbricola preesistente con quadro rino-faringitico (laringotracheite acuta).

 

 

ASPIRAZIONE DI CORPO ESTRANEO

 

Oltre ad un quadro di ostruzione acuta delle vie aeree superiori già descritto, l'aspirazione di un corpo estraneo può comportare l'ostruzione parziale o totale di un ramo bronchiale. La storia può essere chiara, ma in caso contrario la diagnosi può diventare tutt'altro che facile.

Il quadro clinico è solitamente caratterizzato da espirazione sibilante a livello della ostruzione, a valle della quale possiamo rilevare una zona iperfonetica da intrappolamento di aria (per meccanismo a valvola) oppure ipofonetica ed ipoventilata (specie se l'ostruzione è completa).   È presente tosse e la voce non è modificata.

 

 

Esami di laboratorio e strumentali

 

Radiologicamente vi sono poche probabilità che il corpo estraneo sia radioopaco, si possono al più rilevare aree circoscritte di ipoventilazione-atelettasia o di intrappolamento di aria (per i meccanismi descritti in precedenza). Utile il confronto di un Rx in inspirazione con uno in espirazione massima (presenza di UN area di iperinflazione). L'esame dirimente è la broncoscopia.

 

 

ASMA BRONCHIALE

 

Solitamente la dispnea è accessionale in pazienti con anamnesi propria e familiare di malattie allergiche, raramente comunque si assiste al primo episodio ed è pertanto possibile raccogliere la storia di analoghe crisi.

Un quadro simile può manifestarsi anche nel paziente non atopico; la  tab.03x riassume le caratteristiche principali dell'asma cosiddetto estrinseco ed intrinseco e sottolinea come esistano numerosi casi di sovrapposizione tra i due gruppi. Ancora importante da rilevare anamnesticamente è la presenza di fattori scatenanti che possono iniziare una crisi asmatica (vedi tab.04x).

 

 

Quadro clinico

 

La dispnea è prevalentemente espiratoria, con prolungamento notevole di questa fase e sibilo espiratorio. Il paziente è seduto, piegato in avanti nel tentativo di espellere l'aria (questa posizione non va confusa con l'ortoptea del cardiopatico), il torace è in atteggiamento inspiratorio, vi può essere tosse secca. Obiettivamente è evidente l'iperfonesi del torace e la presenza di fischi e sibili espiratori diffusi. Solitamente la diagnosi di asma bronchiale è facile essendo presente la triade dispnea, tosse, broncospasmo; in alcuni casi la tosse può essere scarsa o inefficace e il torace silente o quasi: questa evenienza è un indice prognostico sfavorevole.

 

 

Esami di laboratorio e strumentali

 

La diagnosi è prevalentemente clinica, tuttavia, le prove spirometriche (eseguibili anche al letto del malato) possono confermare e quantificare la broncoostruzione, permettendo di valutare la risposta alla terapia.

L'esame radiografico del torace evidenzia una iperinflazione con appiattimento del diaframma.

Nelle forme allergiche, superata la fase acuta , si possono eseguire le prove allergometriche, il dosaggio delle IgE sieriche, la conta degli eosinofili circolanti e presenti nell'escreato, il RAST.

In fase acuta l'emogasanalisi permette una precisa valutazione del grado di insufficienza respiratoria, nell'attacco asmatico accanto ad una ipossia più o meno marcata è solitamente rilevabile una ipocapnia; la presenza di normocapnia o peggio di ipercapnia e acidosi respiratoria sono segni prognosticamente sfavorevoli.

 

 

Diagnosi differenziale

 

Va posta con l'ostruzione alta delle vie aeree, la presenza di ostruzione endobronchiale (neoplasie, corpi estranei, stenosi), l'embolia polmonare, lo scompenso ventricolare sinistro, la sindrome da carcinoide.

 

 

BRONCOPNEUMOPATIE CRONICHE OSTRUTTIVE

 

Le broncopneumopatie croniche ostruttive (BPCO) comprendono la bronchite cronica, le bronchiectasie e l'enfisema polmonare. La dispnea, solitamente cronica, presenta esacerbazioni in occasione di vari fattori scatenanti (tab.05x): "BPCO riacutizzate".

La storia è di dispnea cronica con tosse ed espettorato ( abbondante specie nelle bronchiectasie), esposizione al fumo di sigaretta o polluzione ambientale ( anamnesi lavorativa); nell'enfisema possono giocare un ruolo alcuni fattori genetici quali quelli legati al fenotipo Pi (carenza di alfal-antitripsina, di scarso rilievo epidemiologico nel nostro Paese). In questi pazienti molto spesso l'esacerbazione della dispnea è causata da una infezione intercorrente delle vie aeree: aumento della tosse e dell'escreato che assume caratteri purulenti (importante il colore), febbre.

 

 

Quadro clinico

 

Solitamente i pazienti hanno una dispnea da sforzo, ingravescente nel tempo.

In caso di riacutizzazione il quadro clinico è simile a quello descritto per asmatico: paziente seduto con busto piegato in avanti, dispnea espiratoria; nell'enfisematoso è evidente l'iperinflazione del torace (torace a botte), mentre il bronchitico più spesso è pletorico e cianotico.

Il quadro ascoltatorio può essere caratterizzato da un polmone quasi silente (enfisema e grave broncoostruzione) oppure dal broncospasmo generalizzato a cui possono associarsi ronchi e rantoli per la presenza di infezione delle vie aeree; nelle bronchiectasie i rumori umidi sono prevalentemente localizzati alle basi.

 

 

Esami strumentali

 

Radiologicamente si evidenziano i segni della peribronchite, delle bronchiectasie oppure il quadro caratteristico dell'enfisema polmonare.

 

L'ECG può dimostrare una deviazione assiale destra, P polmonari, bassi voltaggi (nell'enfisema).

La tab.06x riassume i caratteri "ideali" dell'enfisematoso pink and puffing (rosa ed ansimante ), secondo gli Autori anglosassoni, e del bronchitico cronico blue and bloating (blu ed edematoso). Va ricordato che solitamente i pazienti, pur rientrando in una delle due categorie, hanno caratteri di entrambe.

 

 

MALATTIE DELL'INTERSTZIO POLMONARE

 

Sono malattie croniche caratterizzate dalla infiammazione e degenerazione dell'interstizio polmonare. A ciò consegue una perdita funzionale di unità alveolocapillari. Poiché l'evoluzione del processo è la formazione di tessuto cicatriziale tali malattie vengono anche definite infiltrazioni polmonari.

L'aspetto radiologico di "infiltrazione" del parenchima polmonare è all'origine di un altro appellativo: malattie infiltrative; in tale definizione rientrano però anche le forme infettive e neoplastiche che sono invece escluse dalle malattie dell'interstizio polmonare propriamente dette. Le principali delle quasi 200 malattie dell'interstizio polmonare (di cui l'eziologia è nota solo per alcune) vedi tab.07x.

 

 

Quadro clinico

 

Nonostante la varietà delle malattie trattate in questo paragrafo, la sintomatologia ad esse secondaria è estremamente costante. Il sintomo di esordio più frequente è la dispnea da sforzo, accompagnata ad affaticabilità e malessere durante le attività quotidiane; talvolta vi è tosse non produttiva. Assai più rari altri sintomi quali dolori toracici aspecifici, emoftoe, febbricola, calo ponderale.

Obiettivamente, il reperto caratteristico è rappresentato dai rantoli crepitanti (a "strappo di Velcro") alle basi polmonari, teleinspiratori. In fase avanzata può comparire ippocratismo digitale.

 

 

Esami di laboratorio e strumentali

 

Prendendo in considerazione solo quelli comuni a tutto il gruppo di malattie:

-Rx torace: normale o con presenza di reticolo-nodulia diffusa;

-test funzionali polmonari: sindrome restrittiva ed alterazione della diffusione alveolo-capillare;

-emogasanalisi: ipossiemia aggravata dall'esercizio, PaCO2 solitamente ridotta modicamente.

 

 

Diagnosi differenziale

 

Di rilievo l'età del paziente, la storia di esposizione a polveri, fumi, farmaci. Al di fuori di questo gruppo di malattie, le affezioni con cui più spesso si pone un problema di diagnosi differenziale sono le neoplasie, le malattie infettive polmonari e le cardiopatie con insufficienza ventricolare sinistra.

 

 

ALTRE MALATTIE POLMONARI PARENCHIMALI

 

Nella definizione delle malattie polmonari interstiziali sono state escluse le forme ad eziologia infettiva e neoplastica. Tali malattie, sulle cui caratteristiche non ci soffermiamo, sono in grado di causare dispnea con un quadro di ipossia, ipocapnia e alcalosi respiratoria.

Ricordiamo le caratteristiche particolari del carcinoma bronchiolo-alveolare: nella forma diffusa di questa neoplasia è presente dispnea a riposo rapidamente ingravescente ed insufficienza respiratoria marcata.

Radiologicamente il quadro dimostra lesioni diffuse, multinodulari o infiltrati "cotonosi".

La diagnosi differenziale va posta con le malattie interstiziali polmonari ( sarcoidosi e granulomatosi croniche), altre neoplasie (metastasi, linfosarcoma) e con le malattie infettive (tubercolosi, infezioni fungine, polmoniti non specifiche).

 

 

EMBOLIA POLMONARE

 

L'episodio embolico può essere unico o ripetersi nel tempo; l'entità dell'embolia può potare alla massiva occlusione di uno o entrambi i rami dell'arteria polmonare oppure consistere in gettate di microemboli (questo evento può ripetersi più volte).

 

 

Quadro clinico

 

La dispnea compare a riposo, improvvisamente, e può accompagnarsi a tosse, emoftoe e dolore toracico di tipo pleuritico. Nell'embolia massiva il quadro è drammatico con dolore a tipo infarto miocardico o dissecazione aortica, grave insufficienza respiratoria, sincope, shock.

L'elemento più caratteristico dell'embolia polmonare è la dispnea improvvisa ed inspiegata, tutti gli altri numerosi sintomi compaiono in una percentuale di casi minore (vedi tab.08x).

La presenza di trombosi venosa profonda conforta la diagnosi, ma solo nel 50% dei casi è clinicamente evidente; altrettanto importante è rilevare se il paziente è a letto da tempo o se si trova in periodo post-operatorio.

Alcuni soggetti sono a più alto rischio di trombosi venose e di ciò si deve tenere conto nella valutazione del quadro clinico; i fattori di rischio sono elencati nella tabella 9.

L'obiettività è solitamente povera: tachipnea e tachicardia sono gli elementi di più frequente riscontro. Eventualmente segni di insufficienza acuta del ventricolo destro.

 

 

Esami di laboratorio e strumentali

 

-ECG: vi possono essere segni di ipertensione polmonare acuta.

-Esame radiografico del torace: infiltrati polmonari e versamento pleurico possono comparire dopo 12-36 ore in caso di infarto polmonare.

-Emogasanalisi: ipossia, ipocapnia ed alcalosi respiratoria sono caratteristiche, ma non sempre presenti.

- Scintigrafia polmonare (con macroaggregati di albumina marcati con un isotopo gamma-emittente). Numerose altre condizioni alterano la distribuzione del tracciante; assume significato una scintigrafia anormale in presenza di un Rx del torace senza alterazioni significative.

-Angiografia polmonare: è l'unico esame capace di fornire informazioni sui vasi polmonari, non è tuttavia scevro da possibilità di errore.

 

 

MALATTIE DELLA PARETE TORACICA E DEI MUSCOLI RESPIRATORI

 

Sono una causa non frequente di dispnea.

Le malattie della gabbia toracica (spondiliti, petto escavato, cifoscoliosi) sono evidenti all'esame obiettivo; normalmente solo una forma grave di cifoscoliosi è in grado di causare insufficienza respiratoria e cuore polmonare cronico.

Alcune malattie neuro-muscolari sono responsabili di insufficienza respiratoria e dispnea, solitamente però il distretto respiratorio è colpito tardivamente e prevalgono le manifestazioni a carico di altri gruppi muscolari (vedi tab.10x).

 

 

PNEUMOTORACE

 

Riserviamo un cenno al pneumotorace (pnx) spontaneo, essendo in quello traumatico evidente l'evento patogenetico. L'età massima di insorgenza è in soggetti tra i 20 e i 40 anni, spesso leptosomici, talvolta con storia di pnx recidivanti. Clinicamente il pnx è caratterizzato da dolore toracico e dispnea acuta, a volte dopo uno sforzo o tosse.

L'obiettività permette spesso la diagnosi che viene confermata da un esame radiografico del torace (da eseguire alla fine di una espirazione massimale per diagnosticare i piccoli pnx).

 

 

MALATTIE CARDIACHE

 

La dispnea nelle cardiopatie è conseguente all'elevazione della pressione capillare polmonare con trasudazione di liquido nell'interstizio dell'alveolo (equilibrio di Starling), cronicamente tale situazione può causare una deposizione di tessuto fibroso ed un ispessimento della parete capillare.

La dispnea nell'insufficienza cardiaca trova anche altre giustificazioni: acidosi metabolica, fatica dei muscoli respiratori ipoperfusi, aumento del lavoro respiratorio conseguente alla diminuita compliance polmonare ed alle aumentate resistenze delle vie aeree.

 

La dispnea del cardiopatipo è solitamente da sforzo, e si aggrava nel tempo. In fase più avanzata assume i caratteri dell'ortopnea (dispnea che compare in posizione sdraiata) e della dispnea parossistica notturna (dispnea improvvisa solitamente notturna che costringe il paziente ad alzarsi, aprire la finestra e cercare aiuto).

Queste forme di dispnea notturna hanno numerosi fattori patogenetici, tra cui l'aumento del ritorno venoso (per riassorbimento degli edemi favorito dalla posizione orizzontale), la ridistribuzione del volume ematico polmonare (i polmoni, che come si è visto sottostanno alle forze idrostatiche, si trovano, in decubito orizzontale, a livello o sotto il livello del cuore), il sollevamento del diaframma ecc..

L'anamnesi del paziente affetto da dispnea cardiogena è spesso positiva per ipertensione, vizi valvolari mitralitici e/o aortici, infarto del miocardio, miocardiopatie.

Ascoltatoriamente sono presenti rantoli polmonari più evidenti nelle zone declivi (basi nel paziente seduto); tutt’altro che infrequente è il riscontro di sibili in- ed espiratori. Tale reperto stetoacustico ha dato il nome di "asma cardiaco" a questo tipo di dispnea. In effetti è presente una broncoostruzione causata dalla riduzione del lume delle piccole vie aeree e dei bronchioli per edema. Inoltre, l'elevata pressione intratoracica occorrente per vincere l'ostruzione durante l'espirazione tende a restringere ulteriormente i piccoli bronchi; nell'edema polmonare la compliance è ridotta fino ad 1/10 del valore normale.

L'ascoltazione cardiaca, non sempre facile nei pazienti più gravi, consente spesso di rilevare aritmie, soffi, ritmo di galoppo. Inoltre il paziente può presentare cianosi, edemi declivi, turgore delle giugulari, epatomegalia (fegato da stasi).

 

 

Esami di laboratorio e strumentali

 

-Esame Rx del torace: spesso presente è la cardiomegalia accanto ai segni di congestione del circolo polmonare: edema interstiziale, ridistribuzione del flusso verso gli apici, versamenti pleurici scissurali o basali.

-ECG: può dimostrare una cardiopatia preesistente ( P mitraliche, pregresso infarto miocardico, ipertrofia ventricolare sinistra ecc. ) oppure permettere la diagnosi di un fatto acuto causa dello scompenso cardiaco (infarto del miocardio, aritmie ecc. ).

-Ecocardiogramma: diagnosi di vizi valvolari, ipocinesia, versamento pericardico, ipertrofia ventricolare ecc.

 

 

EDEMA POLMONARE ACUTO

 

Rappresenta lo stadio più grave dello scompenso ventricolare sinistro e trova come causa sia una malattia cardiaca preesistente da tempo (come una stenosi mitralica), sia un evento acuto (infarto del miocardio, aritmie).

Come si è visto, all'aumento di pressione del distretto capillare polmonare fa seguito un aumento delle resistenze polmonari, della compliance e del flusso linfatico ( che drena l'eccesso di liquidi dal polmone ).

In un primo tempo il paziente è modicamente tachipnoico, ipossico e ipocapnico. Con l'accumularsi ulteriore di liquidi nello spazio extravascolare del polmone il quadro si aggrava e compaiono i primi segni radiografici di rilievo (strie B di Kerley e perdita di definizione delle impronte vascolari).

Lo stadio successivo consiste nel passaggio dall'edema interstiziale a quello dell'edema alveolare; gli scambi gassosi sono ulteriormente compromessi, all'ipossia si associano ipercapnia e acidosi. Radiologicamente si rileva una ridistribuzione del flusso ematico polmonare verso gli apici e la comparsa di trasudato polmonare " a farfalla", di maggiore densità a livello degli ili.

Il quadro clinico è in funzione della gravità dell'evento e può risultare drammatico. Il paziente è seduto, agitato, cianotico, visibilmente sofferente, profusamente sudato. Può avere tosse non produttiva, che si accentua in clinostatismo; in caso di edema polmonare grave la tosse comporta l'emissione di schiuma rosea.

Obiettivamente si rilevano rantoli e ronchi che dalle basi si possono estendere fino agli apici; come si è detto, non è raro il riscontro di broncospasmo. Talvolta i rantoli sono udibili entrando nella stanza del paziente (rumore della pentola che bolle).

Di notevole valore il rilievo della pressione arteriosa che varia da valori assai elevati (insufficienza ventricolare sinistra secondaria a crisi ipertensiva) a valori bassi (sono questi i casi a prognosi meno favorevole).

La diagnosi solitamente è facile e non richiede molti accertamenti, l'ECG è però dirimente per accertare la presenza di disturbi del ritmo o della conduzione o l'eventualità di un infarto miocardico acuto.

 

 

EDEMA POLMONARE ACUTO

NON DI ORIGINE CARDIACA

 

Sempre facendo riferimento alla equazione di Starling, possiamo rilevare che vi sono numerose condizioni (fatta eccezione per l'aumento della pressione capillare polmonare, responsabile, come si è visto, dell'edema polmonare cardiogeno) associate con l'edema polmonare.

 

Iponchia: la diminuzione della pressione oncotica nei gravi stati ipoalbuminemici (cirrosi epatica, s. nefrosica, enteropatie proteino-disperdenti) non è in grado, da sola, di causare edema polmonare: occorre solitamente la concomitanza di altri fattori;

 

Aumento della pressione intrapleurica negativa: può essere responsabile dell'edema polmonare unilaterale che si manifesta dopo il rapido svuotamento di un pneumotorace o nelle gravi crisi asmatiche.

 

Blocco del drenaggio linfatico: è in grado di provocare edema interstiziale e ha come causa processi fibrotici, flogistici cronici o la linfangite carcinomatosa.

 

Danno della membrana alveolo capillare: numerosi agenti tossici, infettivi, chimici, ecc. sono in grado di danneggiare la barriera tra aria e sangue: tutte queste condizioni, capaci di provocare una ARDS (Adult Respiratory Distress Syndrome) sono riassunte nella tab.11x.

 

Da cause non chiarite: sono forme il cui vero meccanismo patogenetico sfugge ancora ad una precisa definizione. Rientrano in questo gruppo l'edema polmonare da altitudine, frequente in soggetti non acclimatati, spesso giovani sani, sottoposti a sforzi fisici intensi ad alte quote; l'edema polmonare neurogeno, in pazienti con aumentata pressione intracranica o dopo crisi convulsiva comiziale.

 

 

Quadro clinico dell'ARDS

 

  È caratterizzato da un intervallo libero di ore tra l'evento scatenante e l'insorgenza dei sintomi (all'inizio tachipnea seguita da dispnea con ipossiemia e ipocapnia).

Successivamente il paziente diviene cianotico e gravemente dispnoico e tachipnoico, ipossienico ed ipercapnico (tab.12x).

L'obiettività che in un primo tempo è sfumata (fini rantoli inspiratori) diviene successivamente clamorosa (rantoli polmonari diffusi).

Di grande importanza il rilievo anamnestico di una possibile causa scatenante, come ad esempio l'inalazione accidentale di fumi; nel caso citato sono anche evidenti i segni di irritazione delle congiuntive, delle mucose nasali e delle prime vie aeree.

 

 

Esami strumentali

 

Esame Rx del torace: dimostra infiltrati interstiziali ed alveolari bilaterali, che, rispetto all'edema polmonare cardiogeno, interessano maggiormente la periferia e meno le zone parailari. L'ombra cardiaca è solitamente di dimensioni normali.

 

 

 

DISPNEA DI ORIGINE CARDIACA

SENZA CONGESTIONE POLMONARE

 

La dispnea è sintomo predominante di numerose cardiopatie non associate all'aumento di pressione del distretto capillare polmonare (la stenosi polmonare "pura" è un esempio di tale evenienza) e dell'ipertensione polmonare primitiva.

Quest'ultima patologia, di raro riscontro, è più frequente nelle giovani donne ed è caratterizzata da dispnea da sforzo, toracoalgie "atipiche", possibili episodi sincopali.

Prima che si manifesti un quadro conclamato di insufficienza respiratoria e scompenso cardiaco destro, va differenziata dalle forme psicogene, dalle microembolie polmonari recidivanti e dall'ipertensione polmonare secondaria a cardio- e pneumopatie.

Verosimilmente la dispnea è in relazione ad una gettata cardiaca inadeguata, specie durante esercizio fisico.

Nelle cardiopatie cianogene con shunt, il sintomo compare durante lo sforzo fisico quando la saturazione arteriosa ossiemoglobinica scende sotto i valori rilevabili a riposo.

 

 

DISPNEA DELL'ANEMIA

 

La dispnea da sforzo è spesso l'unico sintomo presente nel paziente anemico, talvolta associata a tachicardia e palpitazioni.   È tanto più grave quanto più l'anemia è severa o di rapida insorgenza.

La sua patogenesi non è completamente nota, ma pare probabile che sia responsabile della dispnea un inadeguato apporto di O2 ai muscoli respiratori in attività.

 

 

DISPNEA PSICOGENA

 

Associata spesso alla nevrosi d'ansia è più frequente nelle giovani donne e si accompagna a nodo in gola, senso di soffocamento, palpitazioni, toracoalgie (spesso puntorie al precordio ), formicolio periorale ed alle estremità, spasmo carpo-pedalico ( sintomi questi ultimi dovuti alla iperventilazione con alcalosi respiratoria).

Il respiro è spesso "sospirante" ed irregolare e non si evidenziano segni obiettivi di cardio- o bronco-pneumopatie.

La diagnosi è per esclusione e deve tenere conto soprattutto di quelle condizioni che più spesso sono causa di dispnea senza altri segni e sintomi di accompagnamento (come ad esempio le microembolie polmonari ricorrenti o la ipertensione polmonare primitiva).

 

 

Esami di laboratorio e strumentali

 

-EGA: ipocapnia (da iperventilazione).

-ECG: non rare le extrasistoli e le anomalie aspecifiche della fase di ripolarizzazione.

-Altre indagini atte ad escludere una patologia organica possono essere l'esame radiografico del torace, l'ecocardiogramma, la valutazione funzionale respiratoria e l'ECG a riposo e da sforzo ecc.

 

 

Anomalie del pattern respiratorio

 

Anche se la dispnea non può essere obiettivata, è di estrema importanza osservare come respira un paziente, rilevando la frequenza degli atti respiratori, la regolarità, la profondità e lo sforzo apparentemente richiesto. Normalmente, a riposo, gli atti respiratori sono 10-20 al minuto, con un volume corrente di 400-800 ml, il respiro è regolare, apparentemente senza sforzo e senza impegno di muscoli accessori; vi è abitualmente una breve pausa al termine della espirazione, che viene abolita durante il sonno; occasionalmente si possono osservare respiri più lenti e più profondi.

 

 

RESPIRO NELLE SINDROMI OSTRUTTIVE

 

In presenza di ostruzione delle vie aeree il lavoro respiratorio è minimizzato mantenendo una bassa frequenza ed aumentando il volume corrente. A seconda della sede della ostruzione l'inspirazione, l'espirazione o entrambe sono prolungate, laboriose e si associano a sibili o stridori.

 

 

RESPIRO NELLE SINDROMI RESTRITTIVE

 

  È caratterizzato da un respiro superficiale (piccolo volume corrente) e frequente, spesso senza sforzo apparente; durante l'esercizio fisico la frequenza aumenta più del volume corrente.

Si può osservare questo quadro sia nei pazienti con ridotta distensibilità dei polmoni o della gabbia toracica, sia in quelli con diminuita capacità vitale per qualsiasi causa (versamenti, polmoniti, neoplasie, ecc.).

 

 

ALTERAZIONI DEL RITMO E DELLA FREQUENZA DEL RESPIRO

 

Le alterazioni del ritmo e della frequenza respiratoria sono espressione di danno anatomico e/o funzionale (compresa l'ipossia) dei centri respiratori. Si associano solitamente a ipoventilazione alveolare e ipossiemia.

Esistono varie alterazioni del pattern respiratorio che possono, con discreta approssimazione, essere indice della causa che le determina e del livello di lesione del SNC.

 

 

Respiro periodico di Cheyne-Stokes

 

  È caratterizzato da periodi alternati di ipo ed iperventilazione; ad un periodo di apnea della durata di 5-30 sec segue una fase durante la quale il volume corrente aumenta progressivamente fino ad un picco e successivamente decresce fino alla fase apnoica (Fig.04x).

Uno dei fattori principali per la produzione di queste oscillazioni nella ventilazione è il ritardo del feedback di informazione ai centri nervosi cerebrali, riguardante gli effetti della ventilazione sul contenuto dei gas nel sangue capillare polmonare.

Un respiro tipo Cheyne-Stokes è stato ottenuto sperimentalmente nei cani prolungando il tempo di circolo tra cuore e SNC, utilizzando un circuito esterno.

Il respiro di Cheyne-Stokes è spesso rilevato in pazienti affetti da lesioni cerebrali di varia natura a carico degli emisferi (specie se associate a ipertensione endocranica) e aterosclerosi cerebrale; anche il prolungamento del tempo di circolo cuore-cervello, come si osserva nello scompenso cardiaco (specie se associato a ipertensione arteriosa, coronaropatia e vasculopatia cerebrale) è in grado di provocare questa alterazione del respiro. Inoltre è rilevabile nei bambini piccoli normali, negli anziani, in soggetti sani ad elevate altitudini, e in caso di somministrazione di farmaci depressori del SNC (come la morfina).

 

 

Respiro periodico di Biot o respiro atassico

 

Frequente nelle lesioni bulbari e nella meningite.

  È caratterizzato da una serie di atti respiratori irregolari per frequenza ed ampiezza seguiti da un periodo di apnea.

 

 

Respiro apnoico

 

Respiro caratterizzato da una pausa di 2-3 secondi all'acme della fase inspiratoria; rilevabile con maggior frequenza nella meningite e nelle lesioni pontine.

 

 

Respiro a grappolo

 

Serie di atti respiratori con ampiezza decrescente, seguiti da una pausa di alcuni secondi; caratteristico delle lesioni caudali del ponte.

 

 

Iperventilazione neurogena centrale

 

Tachipnea di riscontro nelle lesioni mesencefaliche.

 

 

Respiro boccheggiante o "gasping"

 

  È caratteristico della grave ipossia cerebrale (pazienti in shock, grave riduzione della gettata cardiaca, stadio preagonico): consiste in rapide ed irregolari inspirazioni seguite da una lunga pausa espiratoria.

 

 

Bradipnea

 

Caratterizzata da una frequenza respiratoria inferiore ai 10 atti/minuto; è espressione di danno funzionale o di depressione dei centri respiratori, quale si verifica nel sovradosaggio di sedativi, oppiacei ecc.

 

 

Tachipnea non compensatoria

 

Frequenza superiore ai 20 atti respiratori/minuto; l'iperventilazione (che determina ipocapnia e alcalosi respiratoria) non ha un significato compensatorio, ma è secondaria a lesioni cerebrali del mesencefalo (iperventilazione neurogena centrale), stimoli corticali (sindrome da iperventilazione psicogena), alterazioni metaboliche (encefalopatia epatica, intossicazione da salicilati).

 

 

 

Tachipnea compensatori

 

Iperventilazione compensatoria di un maggiore fabbisogno di O2 a livello tissutale per aumento del metabolismo basale (ipertiroidismo, febbre elevata): la PaO2 è normale, la PaCO2 ridotta.

Alternativamente, l'iperventilazione può essere compensatoria di una acidosi metabolica: acidosi lattica, chetoacidosi diabetica ecc. La PaO2 è normale o aumentata, la PaCO2 nettamente ridotta, il pH acido.

 

 

Respiro di Kussmaul

 

Iperpnea caratterizzata da respiri molto profondi, ( aumento del volume corrente), rapidi, regolari, con abolizione della pausa teleespiratoria senza sforzo apparente.   È il respiro che si ha nell'esercizio fisico, ma, a riposo, è caratteristico dell'acidosi metabolica.

 

 

Respiro sospirante

 

  È caratteristico di pazienti ansiosi: consiste in un respiro molto irregolare, con frequenti atti respiratori profondi e "sospiranti".

 

 

B. TARTAGLINO

Aiuto di Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso

Ospedale Maggiore di San Giovanni Battista

e della Città di Torino, Sede Molinette

 

           TORNA ALL'INDICE             TORNA ALL' HOME PAGE  CARLOANIBALDI.COM