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BREVE CORSO DI PNEUMOLOGIA

VAI ALL'INDICE DEGLI ARGOMENTI

 

IL RUOLO DEL MEDICO DI MEDICINA GENERALE NEL TRATTAMENTO DELL’INSUFFICIENZA RESPIRATORIA

F.Cagliesi

Medico di Medicina Generale – Coordinamento Corso di Formazione in Medicina Generale

 

Questa relazione inizia ponendo in rilievo il concetto di salute come possibilità e capacità di convivere con i propri deficit.

  

Cure domiciliari e centralità del malato

E’ ormai assodato che, in un'epoca in cui il primato epidemiologico è quello delle malattie croniche e ad andamento degenerativo, si fa sempre più pressante la necessità di creare per l’uomo le condizioni per “star bene" compatibilmente con i propri limiti, le proprie sofferenze e le piccole e grandi disabilità.

La disabilità e la malattia cronica si propongono quindi sempre di più come condizioni facenti parte dell’uomo e con le quali occorre confrontarsi e dialogare.

Lo stesso concetto di salute si è progressivamente modificato: "guarire" non sempre rappresenta l’obiettivo irrinunciabile o da raggiungere a tutti i costi. Quello che conta è, sempre di più, essere nelle condizioni di vivere al meglio delle proprie funzioni, prendendo in considerazione i sintomi e tenendo a bada il dolore.

Al binomio salute‑assenza di malattia si è sostituito quello di salute‑possibilità e capacità di convivere con i propri deficit, sia fisici sia mentali.

Sotto questo aspetto l’individuazione di una strategia d’intervento territoriale centrata sulle cure domiciliari che operi secondo un approccio di tipo biopsicosociale apre nuove prospettive verso una ridefinizione della qualitàdell’assistenza e comporta contestualmente una rilettura critica dei modelli di intervento finora attuati e dei presupposti teorici che li sostengono.

Non più il malato che ruota intorno alla struttura sanitaria ma, al contrario, la struttura sanitaria che, con le sue risorse tecnologiche e umane, ruota intorno alla gravità del malato e che si deve adattare pertanto essa stessa a tutti i bisogni della persona che soffre e non viceversa.

E’ il profilo della persona malata che deve essere ridefinito, assurgendo così a fulcro, e a questo tutto l’apparato che lo circonda deve subordinarsi.

Peraltro è innegabile, oltre che intuitivo, che la valutazione funzionale non possa che avvenire nel migliore dei modi se non al domicilio, proprio perchè a casa vi sono tutti gli elementi più favorevoli per la migliore e la più completa valutazione e perchè al domicilio originano i bisogni e si articolano le relazioni interfamiliari e sociali.

Se poi, com'è vero, le variabili familiari e sociali sono intrinsecamente legate al processo di cura, diventa ineludibile sostenere adeguatamente il nucleo familiare che è ritenuto risorsa insostituibile per l'attuazione delle cure domiciliari. La famiglia, infatti, se non adeguatamente supportata sotto l’aspetto psicologico, sociale e finanziario, rischia una deriva, dovendosi occupare, nella continuità quotidiana, del proprio congiunto, che rappresenta, nella maggior parte dei casi, il paradigma dell’invecchiamento, della malattia, del dolore, della morte.

Queste considerazioni focalizzano la peculiarità di tali interventi e la centralità ricoperta dalla famiglia dell’anziano malato e indirizzano il modello delle cure domiciliari verso una prospettiva sistemica, nella quale l'equipe terapeutica sappia prendersi cura sia dell'anziano sia dei suoi familiari, prestando grande attenzione alle dinamiche affettive e relazionali che caratterizzano il contesto familiare globalmente considerato.

In questo modo il paziente non solo viene assistito nei suoi bisogni elementari, ma avrà più stimoli per cercare di convivere in maniera attiva con i propri deficit e per recuperare ogni possibile livello di autonomia personale.

La famiglia cosi diventa artefice del recupero dell'anziano al domicilio, perché, oltre a essere particolarmente consapevole dei bisogni del proprio congiunto, fa sì che questi ritrovi il proprio ambiente e la propria autonomia, quindi viva la propria esistenza come prima, sia pure con limiti fisici e psichici che egli deve accettare e cercare di superare.

Vito Noto (Direttore IV U.O.C. Ist. Pio Albergo Trivulzio, Milano. Presidente del Centro Studi Cure Domiciliari.)

 

              HOME CARE DELLA BRONCOPNEUMOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA

Recentemente (Aprile 2001) è stato pubblicato un documento dell’OMS (1) che raccoglie il frutto del lavoro di cinque anni dei maggiori esperti mondiali sulla BPCO, tale documento viene tradotto in tutte le lingue del mondo con opportuni adattamenti alla realtà locale e viene adottato come riferimento dalle Società Scientifiche nazionali in quanto rigorosamente basato sull’evidenza scientifica. A tale documento si rifà l’esposizione che segue.

Il termine Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO), raggruppa un insieme di patologie respiratorie caratterizzate da riduzione dei flussi espiratori. Tale condizione funzionale é lentamente progressiva e scarsamente reversibile.

Le malattie che vengono raggruppate dal termine BPCO sono:

• la bronchite cronica

• l’enfisema polmonare

Attualmente si tende a non includere nella BPCO patologie quali l’asma bronchiale cronicizzato e le bronchiectasie, anche se le loro differenze cliniche e fisiopatologiche tendono a scomparire negli stadi avanzati.

 

La bronchite cronica é definita in termini clinici: presenza di espettorato, per almeno tre mesi l’anno, rilevata da almeno due anni consecutivi e non attribuibile ad altre cause polmonari o cardiache.

L'enfisema polmonare é definito in termini anatomici: incremento degli spazi aerei distali ai bronchioli terminali, dovuto a rottura di setti alveolari, in assenza di fibrosi.

Si tratta di una patologia diffusissima, una vera e propria epidemia a livello mondiale: secondo l’OMS attualmente, la BPCO é la 4° causa di morte in tutto il mondo e nel 2020 sarà al 3° posto.

(1) Global Initiative for Chronic Obstructive Lung Disease NIH/NHLBI Publication N 2701 April 2001

Avendo le precedenti relazioni ampiamente illustrato la terapia farmacologica e riabilitativa si evidenziano i compiti educativi del Medico di Medicina Generale nei confronti della famiglia che si trova ad assistere il malato, naturalmente essendo egli a conoscenza di tutte le problematiche, che questo compito comporta.

 

Vaccinazioni

La vaccinazione anti-influenzale è raccomandabile.

Mancano studi specificamente condotti su portatori di BPCO, tuttavia il fatto che essa abbia ridotto del 70% la mortalità per influenza nella popolazione anziana, giustifica il suo impiego nei pazienti con patologia respiratoria cronica. Sono disponibili vaccini antipneumococcici, consigliati da diversi autori, ma non ancora formalmente raccomandati da linee guida.

 

 L’OSSIGENOTERAPIA A LUNGO TERMINE (LTOT)

Quando indicata, costituisce la sola terapia in grado di modificare la storia naturale della malattia, migliorando la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti, a condizione che venga correttamente effettuata.

Effetti

La LTOT si é dimostrata in grado di:

1 ) migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita

2)  ridurre l’ipertensione polmonare

3)  ridurre la policitemia secondaria

4)  migliorare la tolleranza allo sforzo

5)  migliorare lo stato neuropsicologico

Indicazioni

Essendo un trattamento costoso e con notevole impatto sulla vita quotidiana del paziente, la LTOT va prescritta secondo linee quida precise ed in ambito specialistico. Attualmente vengono avviati ad essa i portatori di BPCO affetti da ipossiemia persistente, determinata in condizioni di stabilità clinica, perdurante anche dopo 2‑4 settimane di ottimizzazione della terapia medica.

I livelli di ipossiemia che costituiscono indicazione alla LTOT sono i seguenti:

• Pa02 minore o pari a 55 mmHg

• Pa02 compresa tra 55 e 59 mmHg, in presenza di cuore polmonare cronico o ematocrito superiore al 55%

* Pa02 maggiore di 60 mmHg, in presenza di desaturazioni sotto sforzo, e/o durante il sonno (in tal caso l'02 viene somministrato limitatamente a tali condizioni)

 

Determinazione dei flussi di O2 necessari

L’intento della LTOT é di mantenere la Pa02 superiore ai 60 mmHg (a portare la Sa02 a valori superiori al 90%), mantenendo l’erogazione di 02 per un minimo di 15 ore/die. Va stabilita l’entità del flusso da impiegare a riposo (usualmente compreso tra 1‑2.5 L/min) e l’eventuale necessità di modificarlo durante l’esercizio fisico ed il sonno.

 

                     SISTEMI DOMICILIARI PER L’EROGAZIONE DI OSSIGENO

L’erogazione può avvenire attraverso tre sistemi:

1) Bombole di 02 gassoso. Sono piuttosto ingombranti, presentano rischi in caso di loro cadute, non consentono agevolmente la LTOT in quanto si esauriscono in poco tempo.

2) Concentratore di 02. E’ un apparecchio economico ed affidabile, in grado di separare l’ossigeno dall'azoto. Funziona collegato alla rete elettrica, pertanto non può essere usato durante gli spostamenti fuori dal domicilio (ne esiste un modello portatile, a batteria, attualmente non contemplato dal nomenclatore‑tariffario relativo agli apparecchi attinenti la funzione respiratoria).

3) OssIgeno liquido é il sistema più diffuso che si avvale di unità madre che contengono diverse migliaia di litri di 02, conservato a bassa temperatura. Dall'unità madre é possibile riempire una unità portatile (detta "stroller"), che consente di mantenere una erogazione di 02 per diverse ore (anche 6‑8), permettendo l’ossigenoterapia durante attività fisica e comunque al di fuori del domicilio.

Usualmente i pazienti sono collegati a tali sistemi attraverso occhialini nasali, che non ostacolano la fonazione, l’assunzione di cibi e bevande, la tosse.

In alternativa, per esempio in caso di grave ostruzione nasale, possono essere impiegate delle mascherine facciali.

In alcuni paesi (Francia, USA) é abbastanza diffusa la somministrazione attraverso un piccolo catetere transtracheale. Infine, nei pazienti tracheostomizzati, l’ossigeno può essere erogato direttamente alla cannula tracheale, attraverso un piccolo sondino o, meglio, mediante connessione al "nAso artificiale" (sorta di filtro scambiatore di umidità) applicato alla cannula tracheale stessa.

 

Rischi della LTOT

Un possibile effetto collaterale dell'ossigeno é quello di incrementare, con meccanismo fisiopatologico non del tutto chiarito, il contenuto in anidride carbonica del sangue arterioso (PaC02). Tale effetto non costituisce usualmente un problema clinico, in condizioni cliniche stabili.

 Un incremento anche grave della PaC02 può verificarsi quando l’ossigeno viene somministrato in corso di riacutizzazione, specie in caso cli preesistente ipercapnia.

 In letteratura sono stati segnalati incidenti in corso di LTOT, tuttavia la maggior parte di questi era stata provocata dal paziente, fumando mentre assumeva ossigeno (!!!).

Negli ultimi 10‑ 15 anni si é assistito all'impiego estensivo della ventilazione domiciliare non invasiva (nasale o facciale) nei portatori di insufficienza respiratoria secondaria a deficit della pompa muscolare toracica (cifoscoliosi, miopatie, ...). Ciò ha destato interesse crescente circa la possibilità di impiegare la ventilazione non invasiva a lungo termine anche nei portatori di grave BPCO, ma attualmente non esiste evidenza circa eventuali effetti sulla sopravvivenza. Pertanto tale tecnica va utilizzata in casi selezionati.

La ventilazione non invasiva acquista invece sempre più spazio nel trattamento degli epi­-

sodi di insufficienza respiratoria acuta sub cronica, finalizzata al superamento dell’episodio acuto stesso e quindi non necessanamente proseguita a lungo termine.

 In alcuni pazienti in fase di acuzie, specie negli stadi avanzati della malattia, i metodi di ventilazione non invasiva possono fallire, con conseguente ricorso alla ventilazione meccanica per via orotracheale o nasotracheale. Se lo svezzamento dal ventilatore si prolunga, questi pazienti vengono sottoposti a tracheostomia. Una parte di essi diviene totalmente dipendente dal ventilatore, con necessità di proseguire la ventilazione invasiva a domicilio.

 

                                           LA RIABILITAZIONE RESPIRATORIA

Può essere definita come un insieme multidisciplinare di interventi che mirano a far raggiungere al paziente la massima condizione di benessere fisico, psicologico, sociale e professionale, compatibilmente con la disabilità di cui é portatore. I programmi riabilitativi hanno dimostrato di poter migliorare la tolleranza all'esercizio, ridurre i sintomi e migliorare la qualità della vita.

Non sono stati attualmente evidenziati effetti certi sulla sopravvivenza ma certamente é stato dimostrato che possono migliorare la qualità della vita e la capacità di svolgere attività fisica con riduzione della dispnea da parte dei pazienti.

 

Alcuni degli interventi possibili:

 

Riallenamento all'esercizio fisico

Costituisce una parte fondamentale dei programmi riabilitativi, dato il frequente stato di decondizionamento muscolare provocato dalla tendenza alla sedentarietà secondaria alla dispnea da sforzo.

Tecniche di disostruzione bronchiale

Attualmente esistono varie tecniche di disostruzione bronchiale che possono contribuire al mantenimento di una adeguata clearance delle vie aeree, alcune di esse possono essere continuate outonomamente a domicilio, una volta apprese con l’aiuto del Terapista della Riabilitazione.

Interventi educazionali

Sono fondamentali e mirati soprattutto alla conoscenza della malattia, alla sospensione del fumo, al corretto uso dei farmaci, alla corretta conduzione dell’ossigenoterapia e della ventiloterapia domiciliare, all'acquisizione di adeguate abitudini alimentari. Il coinvolgimento dei famigliari é fondamentale.

Supporto psicologico

E’ reso spesso necessario dall’elevata prevalenza di ansia e depressione nei portatori di BPCO. Alcuni aspetti legati all'accettazione di terapie a provvedimenti "impegnativi" (per esempio l’ossigenoterapia domiciliare, la cessazione del fumo), possono venir più agevolmente superati nell'ambito di tali programmi.

Supporto nutrizionale

Nei portatori di BPCO é comune la malnutrizione. Per i pazienti obesi é indicato un trattamento dietetico ipocalorico, poiché il calo ponderale é associato ad un miglioramento funzionale. Negli stadi avanzati della malattia é frequente una progressiva perdita di peso, correlata ad una prognosi peggiore. Alcuni pazienti lamentano dispnea dopo i pasti, con conseguente tendenza ad alimentarsi in modo insufficiente rispetto alle alte richieste energetiche, dipendenti dall’elevato carico imposto ai muscoli respiratori.

 

LE RIACUTIZZAZIONI

Definizione

Costituiscono un peggioramento acuto rispetto alla precedente condizione di stabilità con incremento della dispnea e riduzione delle performances abituali, in presenza a meno di:

• incremento delle secrezioni o loro viraggio purulento

• tosse

• febbre

Cause

La causa più frequente di riacutizzazione consiste in un'infezione dell'albero tracheabronchiale, spesso di natura virale.

Cause meno frequenti sono: polmonite, scompenso cardiaco destro, aritmie, embolia palmonare, pneumotorace, inappropriata somministrazione di 02, farmaci (ipnotici, ansiolitici, ...), reflusso gastro‑esofageo.

Valutazione del grado di severità

La maggior parte delle riacutizzazioni sono di grado moderato, ma in alcuni casi possono costituire, una vera e propria emergenza, con necessità di immediata ospedalizzazione.

Vanno considerati:

dati anamnestici (precedente stato clinico, durata della riacutizzazione, progressione dei sintomi, difficoltà  nell’alimentarsi e nel riposo notturno)

dati clinici (tosse, grado della dispnea, caratteristiche dell’escreato, impegno di muscoli respiratori accessori, presenza di respiro paradosso, cianosi, edemi, particolare attenzione va riservata alla valutazione dello stato di coscienza)

dati strumentali (disponibili a domicilio: Sa02 con pulso‑ossimetro, FEV1 con spirometro portatile, PEF con misuratore di picco di flusso. In laboratorio: prove funzionali respiratorie, emogasanalisi arteriosa, Rx torace, ECG, routine ematochimica, esame colturale su espettorato).

Alcuni autori hanno proposto i seguenti criteri di severità:

• temperatura >38.50, frequenza respiratoria >25 atti/min

• frequenza cardiaca > 110 battiti/min

• PEF < 100 L/min

• FEV 1 < 1L, Sa02<90%.

In caso di dubbio circa l’effettiva possibilità di gestire a domicilio una riacutizzazione, é sempre consigliabile inviare il paziente in ospedale per una valutazione strumentale immediata.

 

                                TRATTAMENTO DOMICILIARE DELLE RIACUTIZZAZIONI

1) Sebbene non esista in proposito univocità, é comune prescrivere un ciclo di terapia antibiotica per 7‑14 giorni, specie nelle riacutizzazioni di grado severo.

2) Se il paziente non assumeva precedentemente broncodilatatori, essi dovrebbero essere prescritti. In caso di precedente utilizzo, se ne possono aumentare dosaggio e/o frequenza di somministrazione. L’associazione di betamimetici e vagolitici può essere utile. Nei pazienti più gravi può essere utilizzata la teofillina per os, ma monitorizzandone i livelli plasmatici.

3) E’ possibile iniziare con uno steroide inalatorio o aumentarne la posologia se gia' in corso. Nei casi più gravi si ricorre alla somministrazione per os (per es.: prednisolone 30 mg/die per 1‑2 settimane).

4) Incoraggiare il paziente a tossire per eliminare le secrezioni, illustrando la necessità di una corretta idratazione. In alcuni casi può essere efficace la somministrazione di un mucolitico. Se possibile, l’intervento a domicilio di un Terapista Respiratorio può essere di grande aiuto nel conseguire una buona clearance bronchiale.

5) Evitare ansiolitici ed ipnotici.

6) Valutare lo stato di ossigenazione del paziente, possibilmente con l'impiego di un pulso‑ossi metro. In caso di ipossiemia importante (Sa02 < 90%) é sconsigliabile avviare il paziente all’impiego di ossigeno mentre é a domicilio.

7) Istruire il paziente e soprattutto i famigliari a riconoscere i segni di ulteriore aggravamento, dando istruzioni scritte su come comportarsi in tal caso.

8) Rivalutare il paziente ogni 48 ore, se possibile impiegando pulso‑ossimetro, spirometro portatile o perlomeno il misuratore di picco di flusso. In caso di peggioramento clinico e/o strumentale inviarlo in ospedale.

 

INDICAZIONI PER I FAMILIARI DEL MALATO DI BPCO

 

GENERALITA’ SULL’ASSISTENZA A DOMICILIO

Assistenza e cure a domicilio possono essere eseguite con i migliori risultati solo con la collaborazione attiva dei famigliari.

E’ indispensabile quindi seguire scrupolosamente le indicazioni dei curanti e fornire loro il massimo di informazioni possibile.

La casa non può, né deve essere trasformata in una dipendenza dell'ospedale, ma la stanza del malato, deve essere adeguatamente attrezzata, perché il paziente goda del maggior conforto possibile in rapporto al suo grado di autonomia.

La famiglia del malato curato a casa deve provvedere a numerosi bisogni, che aumentano con il progredire della malattia: il reperimento e la somministrazione di farmaci secondo le indicazioni del medico può essere facilitata dalla richiesta di informazioni chiare e precise, che sono diritto dei famigliari.

 

CHI PUO’ AIUTARE LA FAMIGLIA

Le esigenze di un malato ricoverato al proprio domicilio sono molteplici ed il medico curante, da solo, non può rispondere ad ogni richiesta del paziente e della famiglia.

Vi sono professionisti diversi (assistente socio‑sanitaria, psicologo, fisioterapista, assistenti domiciliari ausiliari ecc.) ai quali vi potrete rivolgere per i vari bisogni.

Associazioni ed Enti, pubblici e privati, hanno organizzato in gruppi o unità di intervento a domicilio i vari professionisti, che possono rispondere alle vostre richieste in modo coordinato, ai quali può indirizzarvi il vostro medico.

 

ALIMENTAZIONE

L’appetito può diminuire per varie cause nelle persone malate soprattutto se sono immobilizzate.

• Presentare il cibo in modo accattivante.

• Non forzare il malato a mangiare, ma incoraggiarlo con un approccio gentile.

• Mangiare insieme al paziente.

• Offrirgli pasti piccoli e frequenti.

• Incoraggiarlo ad assumere liquidi.

• Somministrare bevande ad elevato contenuto energetico (spremute e succhi di frutta).

• Prevenire la nausea e il vomito (cibo in piccole quantità, liquidi fuori dai pasti, posizione eretta dopo pasto).

 

IL SONNO

I malati costretti a letto o con problemi di mobilità dormono spesso anche di giorno, ma é importante garantire un buon sonno durante le ore notturne.

• assicurarsi che la stanza non sia disturbata,

• chiedergli delle sue necessità e delle sue preoccupazioni,

• assicurarsi che abbia urinato,

• praticare alcuni esercizi di rilassamento,

• per i malati in terapia antidolorifica: somministrazione in dose adequata di analgesico (chiedere al curante).

 

Problemi psicologici.

La comunicazione é ancora troppo trascurata.

I famigliari devono essere i primi a farsene carico, cercando di non lasciare solo il malato con le sue preoccupazioni ed i suoi malesseri.

* Un dialogo costante, che sia in armonia con le volontà e le esigenze del paziente, non é solo un ottimo strumento di conforto e di benessere, é anche un adiuvante delle terapie.

*E’ bene mettere in condizione il malato di essere informato sulle scelte terapeutiche, sulle conseguenze dei trattamenti, sui loro benefici e sugli eventuali rischi o effetti collaterali.

* Se il carico assistenziale e psicologico vi sembra troppo elevato chiedete la consulenza di un'assistente socio‑sanitario o uno psicologo presso l’ASL di territorio.

* Il paziente dovrebbe poter vivere tutta la sua malattia a casa, tra gli ogetti domestici e le cose che gli sono note. Ciò contribuirà ad aumentare il suo benessere e a migliorare la sua qualità di vita.

 

EMERGENZE

Il progredire della malattia e la stanchezza dei famigliari potranno essere causa di situazioni che richiedono un ricovero, anche d'urgenza.

In questi casi é fondamentale:

• non farsi prendere dal panico,

• chiamare il medico curante, o ‑ in caso di irreperibilità- la guardia medica,

• in attesa del soccorso mantenersi calmi, rassicuranti e offettuosamente efficienti.

 

RICONOSCERE I SEGNI DI  RIACUTIZZAZIONE

Chi soffre di malattie respiratorie croniche può godere di buone condizioni anche per lunghi periodi, ma sono comuni peggioramenti (detti riacutizzazioni), il più delle volte passeggeri. E’ importante avvertire il Medico se compaiono uno o più dei seguenti disturbi:

• peggioramento della mancanza di respiro

• aumento del catarro o cambiamenti del suo colore (da bianco schiumoso a giallastro o verdastro)

• febbre

• gonfiori delle gambe

• colorito bluastro delle labbra e delle unghie

•sonnolenza, mal di testa, torpore

• accelerazione o irregolarità del polso

Cosa fare in attesa del Medico:

• se usate ossigeno, NON aumentate la dose abituale

• non sospendete i farmaci che state già prendendo

• cercate di espellere il catarro, facendo spesso dei colpi di tosse in questo modo:

1) inspirate profondamente, 2) trattenete il respiro, 3) fate 2‑3 colpi di tosse

• bevete a sufficienza, in modo che il catarro rimanga più fluido e sia più facile espellerlo

• evitate farmaci tranquillanti o per l’insonnia

 

COME USARE CORRETTAMENTE GLI EROGATORI SPRAY

1) Togliete il cappuccio dal boccaglio, prendere l’inalatore tra pollice e indice (l’indice deve essere sul fondo della bomboletta)

2) Agitate energicamente l’inalatore

3) Espirate completamente, quindi mettere il boccaglio fra le labbra

4) Fate una inspirazione profonda mentre premete con l’indice il fondo della bomboletta (per una sola volta)

5) Continuate a inspirare profondamente

6) Trattenete il respiro per 10 secondi, quindi espirate

7) Se la dose prescritta é di due o più spruzzi, ripetete di nuovo i passaggi dal n° 3 al n° 6.

8) Rimettete il cappuccio sul boccaglio

Se avete difficoltà, potete eseguire meglio gli spray usando un distanziatore (acquistabile in farmacia). Si tratta di una camera d'aria in materiale plastico: da un lato si inserisce la bomboletta, dall'altro lato si applicano le labbra. Sequite questi passaggi:

1) Agitate la bomboletta

2) Applicatela al distanziatore

3) Espirate completamente ed applicate le labbra al distanziatore

4) Fate uno spruzzo del farmaco

5) Inspirate profondamente e trattenete il respiro per 10 secondi

6) Espirate

7) Ripetete l’inspirazione senza spruzzare di nuovo

8) Se la dose prescritta é di due o più spruzzi, ripetete di nuovo i passaggi dal n° 3 al n° 6.

E’necessario sottolineare che attualmente sono disponibili numerosi diversi dispositivi che erogano formaci sotto forma di polvere e che richiedono probabilmente da parte del paziente un apprendimento meno difficoltoso e complicato di quello necessario per usare bene la terapia con gli spray.

 

ALCUNE NORME PER I PAZIENTI IN OSSIGENOTERAPIA

1)Seguite scrupolosamente i consigli del medico pneumologo, usando l’ossigeno per il numero d'ore prescritto ed al flusso che é stato stabilito. Solo così godrete veramente dei vantaggi di questa terapia: stare meglio e vivere di più.

2) Se l’ossigenoterapia vi é stata prescritta per almeno 15‑18 ore, passate a riposo il periodo in cui non siete collegati all’ossigeno.

3) Non aumentate di vostra iniziativa il flusso dell’ossigeno a maggior ragione in caso di peggioramento del respiro. I cambiamenti del flusso vanno valutati dal medico.

4) Evitate lunghe prolunghe, poichè sono causa di dispersione e quindi rischiate di non venire correttamente ossigenati.

5) Mantenete pulita la vostra attrezzatura e rabboccate l’acqua dell’umidificatore.

6) Cambiate spesso i vostri occhialini, se sono induriti é proprio necessario sostituirli.

 

7) Una volta riempita l’unità portatile (lo stroller), rimanete collegati ad esso fino al suo esaurimento, poiché in caso contrario sprecherete molto ossigeno. Infatti, anche se chiudete la manopola, nel giro di alcune ore l’ossigeno si disperde nell’ambiente.

8) Maneggiate con attenzione lo stroller durante il suo caricamento. La bassa temperatura dell’ossigeno raffredda le parti in metallo. Toccando queste parti potete procurarvi danni alla pelle simili a quelIi da scottatura.

9) Può capitare, durante il caricamento dello stroller, che geli la valvola dell'unità madre, con liberazione nella stanza di una vera e propria nuvola di ossigeno. Non perdete la calma, aprite le finestre, versate un poco d'acqua sulla valvola. In questo modo essa si sgelerà e la fuoriuscita dell’ossigeno terminerà.

10) I sistemi ad ossigeno liquido sano molto sicuri. Tuttavia é buona norma non avvicinarli a fiamme libere o fonti di calore.

11) Esistono diverse associazioni di pazienti in ossigenoterapia domiciliare: chiedete al vostro pneumologo o al vostro medico di famiglia di indicarvi quella più vicina alla vostra zona.


 

Piano di cura domiciliare di paziente con BPCO nella fase di cura post-ospedalizzazione.

(La gestione della BPCO: un modello organizzativo di integrazione ospedale–territorio. Azienda Ospedaliera Mista Policlinico di Modena. Ricerca e Sanità vol.1 n.3 – 2000)

 

Tipologia del Paziente           1°mese                        2°mese                        3°mese           

                                        dopo dimissione         dopo dimissione         dopo dimissione

 

STADIO 1

(VEMS >50% v.t.)     visita MMG                EGA + visita SP         visita MMG

 

STADIO 2 e 3

(VEMS tra 35-49% v.t.)         visita MMG nella       EGA + visita SP         EGA + visita SP

                        1°settimana dopo la dimissione

                        EGA + visita SP                                           

 

STADIO 2 E 3

in ossigenoterapia       visita MMG e SD nella          EGA + visita SP         EGA + vista SP

o ventiloterapia          1°settimana dopo la    (al domicilio del paz. (al domicilio del paz.

domiciliari                  dimissione                  su richiesta MMG)     su richiesta MMG)

                        EGA + visita SP

                        (al domicilio del paziente su richiesta del MMG)

 

MMG: medico di medicina generale SP: specialista pneumologo SD: servizio infermieristico domiciliare EGA: emogasanalisi

 

In conclusione nella corretta gestione domiciliare del malato di BPCO, è il malato al centro del sistema di assistenza, per cui debbono intervenire e collaborare la struttura ambulatoriale ospedaliera o territoriale con lo specialista pneumologo, il medico di medicina generale, il servizio infermieristico domiciliare e i familiari, che adeguatamente addestrati sono indispensabili per l'attuazione di una idonea assistenza domiciliare.

 


 

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