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BREVE CORSO DI PNEUMOLOGIA

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LO SVEZZAMENTO DALLA VENTILAZIONE MECCANICA

C. Mollica

Azienda Ospedaliera S.Camillo-Forlanini, Roma

 

            E’ stato stimato che il 42% del tempo che un paziente (P) passa connesso a un ventilatore è speso per lo svezzamento (“weaning”) (1).

Tale percentuale aumenta nei P affetti da patologia respiratoria cronica. Capire i motivi causa di perdurante necessità di ventilazione artificiale meccanica (VAM), impadronirsi delle tecniche atte ad identificare i P svezzabili, utilizzare tecniche ventilatorie meno invasive (causa di minori complicanze, nonché più economiche perchè assorbono minori risorse) nei soggetti che necessitino di ventilazione meccanica, predisporre strategie di trattamento ventilatorio a lungo termine per P definiti non svezzabili (portatori di tracheostoma e ventilatore-dipendenti) sono priorità irrinunciabili per il successo di uno trattamento di svezzamento.

            Le principali cause di dipendenza dal ventilatore si possono schematicamente riassumere come segue: 1) fattori che aumentano il lavoro respiratorio, e 2) fattori che riducono la forza contrattile dei muscoli respiratori.

            1) Aumentano il lavoro respiratorio (“respiratory load”):

A)   fattori dipendenti dalla meccanica del sistema toraco-polmonare (bronco-ostruzione, riduzione della compliance, iperinflazione polmonare, presenza di auto-PEEP o PEEP intrinseca (2) o ad essi strettamente connessi (insufficienza ventricolare sinistra) (3);

B)    fattori “circuito-paziente” correlati(4) (calibro, lunghezza, rugosità dei tubi, resistenza delle valvole espiratorie, adeguatezza dei flussi inspiratori e sensibilità delle valvole per sistemi "CPAP-demand") e fattori “paziente-ventilatore” correlati (trigger “duri”, asincronismo paziente-ventilatore (5), supporto ventilatorio indeguato).

            2) Il mancato svezzamento da riduzione della forza contrattile dei muscoli respiratori è dovuto a:

A)   fattori legati alla situazione clinico-funzionale in cui si trova il P ( alterato “drive” centrale ovvero un disturbo dell’output neuro-muscolare, intossicazioni od avvelenamenti; deficit mitocondriali; malnutrizione, ipofosfatemia (6), ipomagnesemia, ipocalcemia, ipossia, ipercapnia (7), acidosi);

B)    eccesso di supporto ventilatorio con conseguente atrofia da disuso dell’apparato muscolare del P. (“iatrogenic ventilatory dependency”). (8

          I criteri generalmente adottati per stabilire la svezzabilità di un P sono ben noti (9): si distinguono in:

1)     “clinico/soggettivi” : risoluzione dell’evento acuto, tosse efficace, capacità di sostenere                                      una ventilazione “efficace” (cioè compatibile con le richieste metaboliche espresse in termini di quoziente respiratorio), volontà di guarire;

2)     “oggettivo/funzionali”:  sensorio vigile (Glasgow Coma score >13); non necessità di somministrazione di sedativi; adeguato stato di ossigenazione tessutale (PaO2 / FiO2 >150), emodinamica stabile [Fc<140 battiti/min, valori stabili della Pressione arteriosa; non necessità di catecolamine o basse dosi di dopamina /dobutamina (<5 mg/Kg/min)] T° corporea < 38°C; buon potere ossiforico dell’Hb (Hb>8 g/dL); bilancio idroeletrolitico nella norma; assenza o modesto grado di ipercapnia.

           Quest’ultimo aspetto deve essere enfatizzato, dal momento che in P. con alto grado di ostruzione si riscontrano valori di gas carbonico spesso notevolmente aumentati, anche in condizioni di stabilizzazione clinica, in quanto correlati al modello ventilatorio (“ventilatory pattern”) assunto; occorrerà tenerne conto allorchè si dovrà valutare il livello di PaCO2 al quale riportare il P, ancora ventilato, ma in fase di svezzamento dalla VA.                                                   Non avrà pertanto alcun senso mirare ad ottenere artificialmente livelli di PaCO2 più bassi di quelli solitamente presenti in condizioni di stabilità clinica, dal momento che sarà impossibile che il  P. possa mantenerli spontaneamente (una volta deconnesso dal ventilatore); senza considerare, peraltro, che l’entità del supporto ventilatorio impiegato per raggiungere e mantenere artificialmente valori “cosmetici di gasanalisi” (10) è sicuramente barotraumatizzante e rischia di accelerare il decorso naturale della patologia. 

A tal fine sarà utile valutare, ove possibile, lo stato clinico/funzionale preesistente l’evento acuto che ha determinato il ricovero in UTIR, così da cercare di riportare i valori dei gas ematici allo stato “quo ante”.

             Ma quando un P. è da considerarsi svezzato? Secondo la maggior parte degli intensivisti un distacco dal ventilatore che duri dalle 24 alle 48 ore è da considerarsi un tempo sufficientemente lungo per definire il successo dello svezzamento; tuttavia sono stati impiegati, al riguardo, criteri più restrittivi o più ampi; anche il metodo di giudizio circa la svezzabilità o meno varia a seconda degli AA., e così pure le modalità dei  “trials” di svezzamento, effettuati sia in respiro spontaneo con tubo a T, sia in VAM con pressione di supporto (PSV) (11) o in ventilazione obbligatoria intermittente sincronizzata (SIMV).

Al proposito si segnala che è indifferente, ai fini del  successo dello svezzamento, impiegare bassi livelli di CPAP (5 cmH2O), oppure bassi livelli di PSV (5-7 cmH2O) oppure procedere con solo tubo a T(12,13;14,15), anche se l’impiego di una CPAP può favorire il ciclaggio, riducendo lo sforzo inspiratorio, in P. con elevati valori di auto-PEEP (16, 17).

             Pare ormai assodato che il giudizio di svezzabilità debba essere effettuato durante il periodo di distacco dal ventilatore, perciò in respiro spontaneo (SBT: “spontaneous breathing trial”). Proprio durante SBT si valuterà la capacità del P. a sostenere una ventilazione adeguata, il modello (“pattern”) ventilatorio assunto, l’andamento dei gas ematici, la stabilità emodinamica, il grado di “disconfort”, il tutto inizialmente con cicli di SBT di 30 –120 min. (18).

           Ma quale limite di scarto dai valori ottimali sarà tollerato durante SBT, e considerato tale da non farci giudicare fallito il tentativo di svezzamento?(19)

  1) Valori accettabili degli scambi gassosi:

      SpO2 > 85%; PaO2 > 50mmHg; pH > 7,32 con incremento della PaCO2 < 10 mmHg;

  2) Stabilità emodinamica:

       Fc < 120-140 battiti/min senza modificazioni > 20%; Pressione art. sistolica non > 180-200 mmHg, e non < 90 mmHg, senza variazioni > 20% ed in assenza di amine vasoattive;

   3) “pattern” respiratorio stabile: fr < 30 – 35 atti/min, senza variazioni > 50%

Sotto il profilo più squisitamente clinico/soggettivo saranno indicativi di fallimento (“weaning failure”):

* l’insorgenza di irrequietezza, sonnolenza, fino al coma;

* l’instaurarsi di una situazione di “disconfort” con

*  segni clinici di incremento del lavoro respiratorio, quale l’impiego dei muscoli accessori della respirazione ed il respiro paradosso.

 

Bibliografia

1) Esteban et Al (1994); Chest 106: 1188-1193

2) Rossi A et Al ( 1985), Am Rev Resp Dis; 131: 672-677

3) Lemaire F et Al (1988); anesthesiology; 69: 171-179

4) Fiastro JF et Al (1988); Chest; 93: 499-505

5) Pinsky et Al, (1988); Chest 94:788-791

6) Fiaccadori et Al, (1994), Chest; 105: 1392-1398

7) Aubier et Al, (1985); N Engl J Med; 313: 420-424

8) Civetta JM (1993) Crit Care Med; 21: 171-173

9) Tobin MJ et Al (1989); Chest, 96: 449-451

10) Gattinoni G. “La cosmesi della gasanalisi nell’ARDS”, SMART, 1993

11) Brochard et Al (1994) Am J Respir Crit Care Med, 150: 896-903

12) Esteban et Al (1997); Am J Respir Crit Care Med, 156; (2):459-465

13) Feeley TW et Al (1975), Lancet, 2(7938):725-729

14) Jones DP et Al (1991) Chest; 100: 1655 –1659

15) Bailey CR et Al 81995) Anaesthesia, 50: 677-681

16) Petrof et Al (1990) Am rev resp dis, 141: 281-289

17) Smith TC, Marini JJ (1988), J Appl Physiol; 65: 1488-1497

18) Esteban et Al (1999), Am J Respir Crit Care Med; 159 (2): 512-518

19) Task Force of ACCP, AARC, ACCCM (2002), Respir Care; 47 (1): 69-90.

 

 


 

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