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ARGOMENTI DI MEDICINA CLINICA

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 Ultimo aggiornamento: 23.12.2013

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DIAGNOSI E TERAPIA DELLE MALATTIE EMORRAGICHE

 

Fisiopatologia dell'emostasi

 

L'emostasi è un processo complesso che può essere schematicamente suddiviso in 3 fasi: la fase vasale, la fase piastrinica e la fase della coagulazione. Le tre fasi entrano in azione in successione, si realizzano con meccanismi fisiologici in parte indipendenti e possono essere indagate separatamente; esse sono collegate l'una all'altra e si influenzano a vicenda; infine, ciascuna di esse può avere una patologia sua propria e può subire influenze da farmaci.

 

 

Fase vasale

 

Il primo evento che si verifica in seguito alla soluzione di continuo di un vaso è la contrazione vasale, che tende di per sé ad arrestare l'emorragia, ma è transitoria ed insufficiente per un'emostasi: in caso di piccola ferita da taglio (da rasoio da barba, per esempio) il sanguinamento non è immediato, ma appare dopo 10-20 secondi. La contrazione vasale è dovuta a riflessi neurovegetativi, probabilmente innescati dalla lesione endoteliale stessa, ed alla liberazione di sostanze vasoattive contenute nelle piastrine, quali serotonina e catecolamine.   È probabile che l'efficienza di questa fase non sia particolarmente importante nel determinare l'emostasi: non sono infatti note sicure alterazioni dell'emostasi dovute ad alterazioni patologiche della contrazione vasale.

 

 

Fase piastrinica

 

Le piastrine, che nei vasi integri scorrono liberamente, tendono invece ad aderire (" adesione piastrinica") lungo le brecce vasali ad alcune strutture sottoendoteliali (collagene, microfibrille e altre). Subito dopo, esse producono trombossano 2, sostanza vasocostrittrice che attiva le piastrine stesse, e secernono vari costituenti endocellulari, fra i quali l'adenosindifosfato (ADP); questo favorisce il successivo processo di "aggregazione piastrinica" cioè l'unione delle piastrine fra di loro fino a formare il cosiddetto "tappo piastrinico" che occlude la breccia. Oltre all'ADP, le piastrine attivate liberano molte sostanze contenute nei loro granuli, quali la serotonina e proteine adesive (fibrinogeno, fattore von Willebrand, fibronectina, trombospondina). Inoltre, esse espongono sulla propria superficie fosfolipidi di membrana che fungono da appoggio per le reazioni della successiva fase di coagulazione. I1 tappo piastrinico è un meccanismo emostatico sufficiente ad assicurare l'emostasi in vasi di piccolo calibro con ridotto regime pressorio; il fenomeno dell'aggregazione è però reversibile e le singole piastrine tendono a disperdersi, con ripresa secondaria dell'emorragia, se non interviene la fase coagulatoria. Questo spiega perché possano comparire manifestazioni emorragiche anche quando le piastrine sono normali, se vi sono alterazioni di altri sistemi emostatici, come quelli della coagulazione.

 

 

Fase della coagulazione

 

  È la fase dell'emostasi più importante, perché in condizioni normali questo sistema porta ad un arresto permanente dell'emorragia. Le manifestazioni emorragiche conseguenti ad alterazioni di questa fase sono quasi sempre più gravi di quelle legate a compromissioni della fase piastrinica. La coagulazione avviene ad opera della trombina, un enzima proteolitico che trasforma il fibrinogeno, proteina solubile nel plasma, in polimero tridimensionale insolubile, la fibrina, la quale assicura una solida chiusura della breccia vasale. Nel meccanismo di trasformazione del fibrinogeno in fibrina intervengono numerose proteine plasmatiche ("fattori della coagulazione", tab.01x), gli ioni calcio e i fosfolipidi di membrana piastrinica (genericamente denominati "fattore piastrinico 3"). Le reazioni del sistema coagulatorio sono innescate dal contatto con superfici estranee (ad esempio la superficie sottoendoteliale) e possono procedere utilizzando componenti di origine esclusivamente ematica ("meccanismo intrinseco"), oppure materiale tromboplastinico di origine tissutale reso disponibile dalla soluzione di continuo della parete vasale ("meccanismo estrinseco") (fig.01x). I fattori della coagulazione interagiscono fra loro con processi enzimatici sequenziali, trasformandosi da proenzima inattivo in enzima attivo che a sua volta agisce sul proenzima successivo; ciò consente meccanismi di controllo e permette la amplificazione del fibrinogeno nel reticolo fibrinico. Il chininogeno ad alto peso molecolare, il fattore VIII ed il fattore V agiscono invece come cofattori catalizzanti.

Esiste un sistema di anticoagulanti naturali, in grado di regolare la fibrinoformazione, costituito dalla antitrombina III (che inattiva i fattori Xa, IXa, XIa e XIIa), dalla proteina C (che inattiva i fattori Va e VIIIa), della proteina S, cofattore della proteina C, essenziale alla sua azione anticoagulante e dal cofattore eparinico II, che inattiva selettivamente la trombina coadiuvato dai glicosaminoglicani della parete vascolare. I difetti qualitativi o quantitativi degli inibitori fisiologici della coagulazione comportano gravi rischi di tromboembolie (trombosi eredofamiliari).Nell'emostasi interviene un altro sistema, quello fibrinolitico, la cui attivazione determina la dissoluzione del coagulo di fibrina generato dall'interazione del sistema della coagulazione con quello dei suoi inibitori fisiologici. Si tratta in realtà di un processo antiemostatico, che tuttavia può essere causa di diatesi emorragiche, qualora subisca alterazioni, perché il suo prodotto finale è la plasmina, un enzima proteolitico di specificità limitata capace di lisare la fibrina, il fibrinogeno e i fattori V e VIII. La plasmina è generata da un precursore inattivo, il plasminogeno, mediante tre sistemi: l'attivazione intrinseca, che utilizza il fattore XII a, la c allicreina ed il chininogeno ad alto peso molecolare; l'attivazione estrinseca da parte dell'attivatore tissutale del plasminogeno (tPA), rilasciato dalla parete vasale; ed infine l'attivazione esogena, con urokinasi e streptokinasi.

Esiste inoltre il sistema degli inibitori fisiologici della fibrinolisi, costituito da un inibitore plasmatico dell'attivatore del plasminogeno e da inibitori della plasmina circolante (alfa-2-antiplasmina, alfa2-macroglobulina, antitrombina, alfa-1antitripsina, antichimotripsina, inibitore della C1 esterasi). La fibrinolisi gioca dunque un ruolo importante sia nella fisiologia dell'emostasi sia in seguito ad alterazioni di alcuni tessuti particolarmente ricchi di tPA come, ad esempio, le mucose uterina e nasale (dove una iperfibrinolisi locale può determinare fenomeni emorragici).

 

 

Approccio clinico

 

Nella valutazione di pazienti con diatesi emorragica, è di fondamentale importanza integrare una attenta raccolta dei dati anamnestici e l'esame obiettivo con una valutazione oculata dei test dell'emostasi che, di per sé, in alcuni casi possono essere fuorvianti.

 

 

Anamnesi

 

Già l'anamnesi familiare può essere caratteristica in caso di emorragie: tutte le carenze congenite di fattori della coagulazione sono trasmesse come caratteri autosomici, tranne l'emofilia A e l'emofilia B che vengono trasmesse come caratteri recessivi completamente legati al sesso. Pertanto, se entrambi i genitori del paziente sono asintomatici, si devono considerare quattro eventuali cause di sanguinamento: una anomalia acquisita; un carattere ereditario recessivo completamente legato al sesso; una mutazione genica; un carattere autosomico recessivo ereditato da genitori portatori asintomatici. Importante è anche stabilire l'epoca di insorgenza della sintomatologia emorragica.

Se essa data dalla prima infanzia, ci si trova in genere di fronte a difetti congeniti vasopiastrinici o della fibrinoformazione, mentre se è acquisita si manifesta più tardi ed è spesso legata a piastrinopenie. Infatti, sono rari i difetti acquisiti della coagulazione non secondari a situazioni patologiche facilmente identificabili (epatopatie croniche, trasfusioni massive, terapie anticoagulanti, coagulazione intravascolare disseminata).

Nel raccogliere l'anamnesi, è bene che il medico ponga domande ben circostanziate, perché può essere difficile per un paziente, o per i suoi parenti, distinguere un sanguinamento normale da uno patologico, o riconoscerne uno occulto. Si deve pertanto indagare se il paziente sanguina solo in seguito a traumi o anche spontaneamente e se ciò avviene in una sola o più sedi, come è probabile in caso di alterazione dell'emostasi.

Eventuali interventi di chirurgia maggiore sono il miglior test di funzionalità del sistema emostatico, ma possono fornire informazioni utili anche quelli minori, come tonsillectomia, estrazioni dentarie e circoncisione. E importante conoscere i dettagli delle emorragie chirurgiche: il tempo di insorgenza rispetto all'intervento (generalmente i sanguinamenti causati da difetti della fase vasopiastrinica sono precoci, mentre quelli dovuti ad alterazioni della coagulazione o della fibrinolisi insorgono tardivamente, anche dopo parecchie ore), la loro durata, la necessità di trasfusioni di emocomponenti, la risposta ad eventuali interventi terapeutici. Per quanto riguarda le estrazioni dentarie, è importante conoscere il numero e il tipo di denti estratti (un sanguinamento successivo all'estrazione di un molare può verificarsi anche in soggetti con sistema emostatico normale: pertanto sarà ben più significativo un sanguinamento da estrazione di incisivo) e la necessità di punti di sutura. Il sito di sanguinamento può orientare la diagnosi: le petecchie e i sanguinamenti mucosi (epistassi, gengivorragie) sono manifestazioni tipiche di anomalie della fase vasopiastrinica; i sanguinamenti profondi in tessuti sottocutanei, muscoli e retroperitoneo sono caratteristici delle anomalie della coagulazione o della fibrinolisi; emartri spontanei si verificano quasi esclusivamente nei pazienti con coagulopatie; le enterorragie, frequenti in qualsiasi tipo di patologia dell'emostasi, lo sono in particolare nelle piastrinopenie, nella malattia di von Willebrand, nell'iperdosaggio di anticoagulanti orali e nell'insufficienza renale cronica; le emorragie possono essere il primo sintomo di piastrinopenie o della malattia di von Willebrand (l'entità della perdita mestruale può essere valutata indirettamente sulla base del numero di assorbenti utilizzati, la durata del flusso, la presenza di coaguli, la comparsa di anemia sideropenica); il sanguinamento da distacco del cordone ombelicale è caratteristico della carenza di fattore XIII. L'anamnesi farmacologica è di fondamentale importanza. Molti farmaci possono causare piastrinopenie o porpore vascolari o interferire con la funzione piastrinica.

 

 

Esame obiettivo

 

  È importante per stabilire il tipo e l'entità dell'emorragia, ed anche per riconoscere patologie che possono accompagnarsi a difetti acquisiti dell'emostasi (epatopatie croniche, leucemie, insufficienza renale cronica e sindromi mieloproliferative).La porpora è un particolare aspetto della cute e delle mucose dovuto allo stravaso di emazie negli spazi extravascolari che non scompare in seguito all'applicazione di una pressione esterna; le petecchie sono piccole macchie purpuriche di diametro inferiore a 3 mm; le ecchimosi sono aree purpuriche più grandi delle petecchie. L'ematoma è una massa di sangue palpabile negli spazi sottocutanei; gli emartri sono raccolte di sangue all'interno delle cavità articolari. Le teleangectasie sono piccolissime masse ai capillari visibili in superficie che scompaiono in seguito all'applicazione di una pressione esterna (fig.0x, fig.07x).

 

 

Diagnosi di laboratorio

 

Per una corretta esplorazione di laboratorio dell'emostasi, è utile dividere l'indagine in due tempi: in un primo tempo si eseguono quegli esami, detti di primo filtro, che sono in grado di evidenziare la maggiore e più frequente parte dei difetti emostatici. Se essi risultano rigorosamente normali e se la storia clinica è suggestiva di difetto emostatico, si ricorre ai test di secondo filtro, in grado di indagare difetti emostatici più rari ma non per questo meno gravi.

 

 

Test di primo filtro - Esplorano la fase vasopiastrinica con il tempo di emorragia e la conta piastrinica, e la fase della coagulazione con il tempo di protrombina parziale attivato.

 

- Tempo di emorragia: è il tempo necessario all'arresto dell'emorragia da un piccolo taglio di dimensioni standard provocato sulla cute dell'avambraccio mediante appositi set seguendo procedure codificate per la scelta della zona da incidere e la rimozione del sangue. Questo test (valori normali 2-7 min) valuta l'interazione delle piastrine con la parete vascolare e la successiva formazione del tappo emostatico. Un suo prolungamento è riscontrabile nei casi di piastrinopenia o piastrinopatia, nei pazienti con carenza di alcuni fattori plasmatici essenziali per la normale funzione piastrinica (quali il fattore di von Willebrand e il fibrinogeno) e nei soggetti con alterazioni della parete vascolare. Nell'interpretazione del risultato si deve tener conto dell'influenza di farmaci che inibiscono la funzione piastrinica.

 

-Il conteggio delle piastrine (v.n. 150.000-350.000/mm3): è utile per stabilire se un prolungamento del tempo di emorragia è dovuto a piastrinopenia o ad anomalie funzionali della fase vasopiastrinica. Una correlazione inversa tra numero delle piastrine e tempo di emorragia esiste solo al di sotto delle 100.000 piastrine/mm3 in caso di piastrinopenie megacariocitiche. Il test non è indispensabile per valutare la capacità emostatica di un paziente.

 

- Tempo di protrombina (PT): generalmente espresso come rapporto paziente/controllo (v.n. 0,8-1,2), indaga la via estrinseca della coagulazione ed è pertanto alterato in caso di carenza di fattori VII, X, V, II e fibrinogeno.

 

-Tempo di tromboplastina parziale attivato (aPTT): generalmente espresso come rapporto paziente/controllo (v.n. 0,8-1,2), esplora il meccanismo intrinseco della coagillazione e risente della carenza dei fattori precallicreina, chininogeno ad alto peso molecolare, XII, XI, IX, X, V, II e fibrinogeno.   È inoltre sensibile alla presenza di anticoagulanti circolanti di tipo ltipico. I due test PT e aPTT indagano un gruppo comune di fattori della coagulazione, mentre ciascuno è sensibile a un gruppo di fattori che gli sono propri; sono entrambi alterati in caso di carenze congenite di un fattore della via comune, o di carenza congenita combinata di fattori V e VIII, 0 in alcune sindromi emorragiche acquisite (epatopatia, assunzione di anticoagulanti orali, sindrome da coagulazione intravascolare disseminata). La loro esecuzione con temporanea permette quindi di confermare o escludere un'alterazione della coagulazione con buona probabilità e, in caso di anormalità, di orientare in ambito ristretto la ricerca di un fattore carente (tab.02x).

 

 

Test di secondo filtro.-Esiste una serie di rare alterazioni emostatiche non esplorabili con i semplici test di primo filtro. Ogni volta che la storia clinica sia chiara e i test di primo filtro risultino normali, si deve estendere l'indagine con i test di secondo filtro: dosaggio del fattore XIII, dell'alfa-2-antiplasmia, dell'attivatore del plasminogeno, del fattore piastrinico 3.

 

 

Malattie emorragiche da difetti vascolari

 

A questa categoria appartengono patologie eterogenee caratterizzate da facilità alla formazione di petecchie ed ecchimosi cutanee e mucose. I pazienti affetti hanno alterazioni della parete vascolare o delle strutture perivascolari tali da ridurre la capacità dei vasi di resistere a sollecitazioni meccaniche interne o esterne. Le emorragie da difetto vascolare sono causate quasi sempre da traumi o stasi sanguigna; esse possono interessare tutti gli organi, ma quelle clinicamente evidenti avvengono nella cute o nelle mucose orale, intestinale o genitourinaria. Generalmente, le manifestazioni emorragiche cutanee da difetti vascolari sono localizzate alle gambe, a differenza di quelle dovute a difetti piastrinici che possono invece interessare qualsiasi distretto. I test di screening dell'emostasi risultano normali; possono essere utili l'esame istologico ed immunoistochimico di preparati d'organo.

 

 

PATOLOGIE EREDITARIE VASCOLARI

 

Teleangectasia ereditaria emorragica

(malattia di Rendu-Osler)

 

  È trasmessa come carattere autosomico dominante ed è caratterizzata dalla presenza di teleangectasie cutanee e mucose: i vasi colpiti mancano della tunica muscolare liscia e si rompono in seguito a traumi anche minimi, dando luogo a sanguinamenti prolungati. Le lesioni vascolari accrescono ed aumentano di numero col passare degli anni: pertanto, le manifestazioni emorragiche generalmente non compaiono prima della seconda o terza decade di vita. Sintorni tipici sono epistassi ed enterorragie croniche; l'esame obiettivo rivela la presenza alla mucosa orale (labbra, palato, lingua), al viso (guance e orecchie), alle mani e ai piedi di lesioni caratteristiche color rosso vino, del diametro di 1-3 mm, prominenti o piatte, a contorni netti o irregolari, che scompaiono alla compressione. In molti soggetti queste teleangectasie si trovano esclusivamente sulle mucose nasali o gastrointestinali e sono quindi evidenziabili solo con la rinoscopia, l'endoscopia o l'angiografia mesenterica. Altre localizzazioni (polmoni, utero, vie urinarie, fegato e milza) sono meno comuni. Importante è la diagnosi differenziale con altre teleangectasie: gli spider naevi, prevalentemente localizzati al tronco ed agli arti superiori, sono caratteristici delle epatopatie; dilatazioni venose lungo i margini costali sono tipiche della bronchite cronica; le teleangectasie della sclerodermia si localizzano di solito alle mani ed al viso.

I test dell'emostasi sono generalmente normali, anche se in alcuni pazienti possono essere evidenziati segni di coagulazione intravascolare disseminata cronica.   È stata descritta l'associazione con l'emofilia A e il morbo di von Willebrand. La terapia è sintomatica, volta a correggere l'anemia sideropenica (per via orale o parenterale). Le epistassi possono essere controllate con terapia locale (compressione, tamponamento, agenti emostatici locali; la cauterizzazione, dopo un temporaneo beneficio, può causare atrofia della mucosa). Poiché durante la gravidanza si riduce la tendenza al sanguinamento, forse per gli alti livelli di estrogeno, la terapia estrogenica è stata usata nel tentativo di trasformare la mucosa nasale in un epitelio squamoso stratificato che possa rivestire i vasi anormali: tuttavia, la mucosa può diventare secca e crostosa senza molto successo. In casi particolarmente gravi può essere necessaria l'asportazione chirurgica di un tratto di tubo digerente o di altri distretti.

 

 

Angiokeratoma corporis diffusum

(malattia di Fabry)

 

Questa anomalia, trasmessa come carattere recessivo completamente legato al sesso, è dovuta alla carenza dell'enzima lisosomiale alfa-galattosidasi A; a livello dell'endotelio, del peritelio e della muscolatura liscia dei vasi si accumulano pertanto glicosfingolipidi, i quali determinano la progressiva occlusione dei piccoli vasi o la formazione di aneurismi con conseguenti manifestazioni emorragiche. Le lesioni si raggruppano di solito sull'addome, alle anche, alle cosce, ai gomiti e allo scroto e sono ricoperte da sottili squame. La diagnosi va confermata con il dosaggio dell'alfaglicosidasi dei fibroblasti cutanei e con l'esame del sedimento urinario a luce polarizzata, che rivela la presenza di particelle tipiche con aspetto a "croce di Malta". La prognosi è infausta: la morte avviene generalmente intorno ai 40-50 anni per insufficienza renale. Non esiste terapia specifica.

 

 

Emangioma cavernoso con coagulazione intravascolare disseminata (sindrome di Kasabach-Merritt).

 

Gli emangiomi cavernosi sono neoformazioni vascolari benigne che generalmente si manifestano durante il primo mese di vita, si accrescono fino ad assumere dimensioni di parecchi centimetri di diametro per poi regredire lentamente durante l'adolescenza. Le complicanze emorragiche sono spesso conseguenza di una coagulazione intravascolare disseminata (vedi). La chirurgia, la radioterapia e gli steroidi possono essere utilizzati per ridurre le dimensioni del tumore.

 

 

PATOLOGIE EREDITARIE DEL TESSUTO CONNETTIVO

 

Sindrome di Ehlers-Danlos

 

La sindrome comprende una serie di disordini costituzionali del tessuto connettivo, caratterizzati da anomalie del collagene differenziabili in base ad elementi di ordine genetico, biochimico e fenotipico. Le complicanze emorragiche sono particolarmente frequenti nel tipo IV (tipo ecchimotico, a trasmissione autosomica dominante); possibili cause sono la fragilità della cute e delle arterie, l'alterata struttura dei capillari ed anomalie strutturali e funzionali delle piastrine. Gli interventi di chirurgia d'elezione dovrebbero essere evitati, perché possono essere complicati da emorragie e cicatrizzazioni ritardate.

 

 

Psendoxantoma elastico

 

  È una rara patologia morfofunzionale delle fibre elastiche della cute e della tunica media delle arterie, trasmessa come carattere autosomico recessivo, che esordisce in età infantile con andamento progressivo. Caratteristiche sono le chiazze cutanee più o meno rilevate ed estese, a buccia d'arancia, ai lati del collo, ai gomiti, alle pieghe inguinali, alle ascelle. L'esame angiografico può evidenziare calcificazioni ed occlusioni delle arterie degli arti. Possono verificarsi emorragie cutanee, retiniche, encefaliche, renali e gastroenteriche.

 

 

Osteogenesi imperfetta

 

  È caratterizzata da una anomalia del collagene di tipo I, trasmessa come carattere autosomico dominante; presenta frequenti manifestazioni emorragiche quali porpora, epistassi, emottisi ed emorragie intracraniche.

 

 

Sindrome di Marfan

 

  È una displasia del tessuto connettivale, a trasmissione autosomica dominante, dovuta ad anomalie strutturali del collagene. Caratteristiche cliniche (oltre ad aracnodattilia, pectus carenatum, dolicocefalia, palato ogivale, ectopia lentis, ectasia ed insufficienza aortica, aneurisma dissecante aortico) sono le complicanze emorragiche specie postchirurgiche, dovute ad anomalie vascolari e, talvolta, a difetti piastrinici funzionali.

 

 

 

PATOLOGIE ACQUISITE

 

Porpora meccanica

 

Nella patogenesi delle porpore dovute a difetti vascolari o piastrinici intervengono probabilmente fattori meccanici quali la forza di gravità, lo stiramento della cute, microtraumi, violente contrazioni muscolari e accessi di tosse o di vomito. Questi fattori, se sufficientemente intensi, possono causare emorragie perivascolari anche in soggetti prefettamente sani. Esiste una soglia di pressione del microcircolo (circa 380 mmHg nel giovane adulto e circa 150 mmHg nell'anziano) oltre cui si può avere uno stravaso emorragico da piccoli vasi anche in assenza di una patologia vascolare o piastrinica. Tra le porpore meccaniche ricordiamo:

-la porpora ortostatica, dovuta a prolungato ortostatismo;

-la porpora factitia, legata a traumi deliberatamente provocati dai pazienti stessi, o conseguente a maltrattamenti (specie nei bambini);

-la porpora da aumento della pressione venosa, che si localizza a livello del capo o del collo in seguito a violenti accessi di tosse o di vomito o ad ostruzioni estrinseche della vena cava superiore.

 

 

Porpore atrofiche

 

-Porpora senile. Si accompagna all'età ed è caratterizzata dalla comparsa di chiazze ecchimotiche al dorso delle mani, ai polsi ed agli avambracci, solitamente estese e ben demarcate. La cute è sottile e lascia intravedere facilmente i tendini estensori. Le vene dorsali sono fragili, tanto che le punture venose sono frequentemente complicate da cospicui stravasi sottocutanei e le sollecitazioni meccaniche della cute determinano ecchimosi. Le lesioni si risolvono molto lentamente. Non esiste terapia specifica.

 

-Scorbuto. L'acido ascorbico (vitamina C) riveste un ruolo importante nel metabolismo del connettivo, specialmente per la formazione del condroitinsolfato, dell'idrossiprolina e della idrossilisina. In assenza di vitamina C (la carenza è in genere di tipo nutrizionale: il fabbisogno giornaliero è di circa 50 mg) si ha un difetto quantitativo e qualitativo della sostanza cementante interendoteliale e del tessuto perivascolare, con possibilità di emorragie. Quelle cutanee si localizzano generalmente nelle zone perifollicolari degli arti inferiori; caratteristiche sono anche la congestione gengivale e le gengivorragie. Emorragie gastrointestinali o intracraniche anche fatali possono complicare le carenze gravi di vitamina C. Altre manifestazioni dello scorbuto sono l'ipercheratosi degli arti e l'anemia (che può essere normocitica, microcitica da carenza marziale o macrocitica da carenza di folati). La miglior diagnosi è quella ex juvantibus, che valuta la risposta clinica alla somministrazione di acido ascorbico.

 

 

Porpora corticosteroidea

 

Nella sindrome di Cushing, o in corso di terapie protratte con ormoni corticosteroidei a dosi immunosoppressive, possono manifestarsi eruzioni purpuriche prevalentemente agli arti superiori ed inferiori. Le strie rubre a livello dei fianchi e delle cosce sono caratteristiche. Queste lesioni sono probabilmente determinate da un aumentato catabolismo del collagene, da una sua diminuita sintesi e da ridotta fagocitosi dei globuli rossi. Si possono avere sanguinamenti post traumatici patologici.

 

 

Porpora amiloidosica

 

  È una frequente complicanza sia della amiloidosi primaria sia di quella secondaria a mieloma. La struttura delle pareti capillari ed arteriolari è indebolita da depositi di amiloide che facilitano gli stravasi emorragici. In contrasto con molti altri tipi di porpora e con le vasculiti, la porpora amiloidosica interessa prevalentemente il viso (in particolare le palpebre), il collo e la parte superiore del tronco: le lesioni hanno grandi dimensioni e sono facilmente provocabili frizionando la cute. Frequente è la carenza di fattore X, che può complicare la diatesi emorragica.

 

 

Porpore da farmaci

 

Numerosi farmaci possono causare manifestazioni purpuriche ed emorragie interne attraverso numerosi meccanismi: tossicità vascolare (descritta per sulfamidici, clorotiazidici, cumarinici, salicilici, fenacetina), piastrinopenie e piastrinopatie, alterazioni del sistema coagulativo e/o fibrinolitico. Vedi oltre e anche il capitolo "Gli effetti indesiderati da farmaci" di questa stessa opera.

 

 

Porpore infettive

 

Molti agenti infettivi sono in grado di causare diatesi emorragiche: alcuni microorganismi possono ledere direttamente la parete vascolare (frequenti sono le manifestazioni emorragiche in corso di  meningococcemia e di rickettsiosi), mentre altri inducono lesioni vascolari mediante tossine. La "purpura fulminans" è una forma grave e acuta, associata con una coagulazione intravascolare disseminata, che complica la sepsi meningococcica, la sepsi da germi Gram negativi, alcune streptococcie, la rosolia, la varicella, la scarlattina, il morbillo e la difterite. Il quadro clinico è dominato da febbre ad insorgenza acuta, insufficienza renale e circolatoria e da eruzioni purpuriche simmetriche estese che evolvono in aree di necrosi. L'esame morfologico della cute o degli organi colpiti mostra aree di emorragia, di necrosi, vasculite e trombosi. Gli esami di laboratorio evidenziano segni di coagulopatia da consumo e di emolisi microangiopatica. La mortalità è molto elevata nonostante il trattamento con antibiotici, corticosteroidi ed eparina.

 

 

Vasculiti

 

Con il termine di vasculiti si comprendono patologie caratterizzate da alterazioni infiammatorie vascolari causate in genere da disturbi immunologici: non rientrano in questa categoria le lesioni vascolari infiammatorie ad eziologia diversa (agenti chimici o fisici, tossine o agenti infettivi). La vasculite colpisce generalmente i vasi della cute causando manifestazioni purpuriche, ma è frequente l'interessamento di vasi degli organi interni. Essa è spesso la prima manifestazione clinica di malattie sistemiche quali neoplasie, infezioni e malattie del tessuto connettivo.

 

 

-Porpora di Schonlein-Henoch.   È una vasculite acuta che interessa la cute, i reni, l'intestino e le articolazioni; può colpire soggetti di qualsiasi età, ma è più comune nei bambini tra i 2 e i 10 anni.   È probabile che un'infezione streptococcica possa determinare questa sindrome: un terzo dei pazienti ha un titolo antistreptolisinico elevato, ma tale incidenza non è significativamente diversa dal gruppo di controllo. L'esordio è acuto, con febbre moderata ed eruzioni cutanee maculari o orticarioidi alle natiche ed agli arti; l'eruzione cutanea si trasforma presto in porpora, con chiazze spesso confluenti; frequente è l'edema orbitario e degli arti. Nella metà dei casi vi è interessamento intestinale, renale e articolare: fra i sintomi intestinali vi sono coliche, vomito, diarrea, volvoli e sanguinamenti; i sintomi articolari si limitano generalmente a poliartralgie, con rari casi di artrite franca; l'interessamento renale è testimoniato dalla comparsa di proteinuria, cilindruria ed ematuria (più rare l'ipertensione arteriosa, l'insufficienza renale e la sindrome nefrosica). Circa la metà dei pazienti ha elevati livelli sierici di IgA, e depositi di IgA sono evidenziabili a livello cutaneo e renale. La maggior parte dei pazienti guarisce spontaneamente nel giro di un mese, ma possono aversi recidive ed insufficienza renale cronica.

 

La terapia è sintomatica; i farmaci corticosteroidei sono consigliabili solo per sintomi sistemici particolarmente gravi; dubbia è l'utilità della penicillina.

 

 

Malattie emorragiche da difetto piastrinico

 

PIASTRINOPENIE

 

Con il termine di piastrinopenia si intende la riduzione del numero delle piastrine a meno di 150.000/mm3. Si distinguono tre meccanismi causali: la diminuita produzione midollare, l'aumentata distruzione periferica ed il sequestro splenico. Il rischio emorragico è funzione sia del numero che della funzionalità piastrinica: in genere, per una conta piastrinica inferiore a 50.000-70.000/mm3 si verificano emorragie sproporzionate ai traumi, mentre per conte inferiori alle 10.000-20.000, mm3 si hanno emorragie spontanee. Tuttavia, per una data piastrinopena l'emorragia è meno probabile nei pazienti con aumentata distruzione piastrinica, che determina la presenza in circolo di piastrine più giovani, più grandi ed iperattive le quali compensano parzialmente il difetto emostatico, rispetto a quelli con diminuita produzione. Pertanto, per valutare il rischio emorragico con buona approssimazione è necessario eseguire il tempo di emorragia. Una correlazione lineare tra conta piastrinica e tempo di emorragia esiste solo per piastrinopenie da diminuita produzione midollare per conte piastriniche inferiori a 100.000/mm3. La diagnosi differenziale delle varie forme di piastrinopenia deve basarsi su molteplici informazioni.   È importante interrogare il paziente sulla recente assunzione di farmaci e indagare la presenza di anemia, malattie del collagene, linfomi o alterazioni della tiroide. Particolare attenzione merita la valutazione delle dimensioni della milza.

L'esame morfologico del sangue periferico può confermare la presenza di piastrinopenia, evidenziare eventuali anomalie morfologiche delle piastrine e la presenza di blasti e di schistociti. Il volume piastrinico medio può essere di aiuto nell'indirizzare la diagnosi: piastrine piccole sono tipiche di ridotta produzione midollare, piastrine grandi di accelerata distruzione. L'esame morfologico dell'aspirato midollare è di importanza critica.

 

 

Piastrinopenie da diminuita produzione midollare

 

Sono comprese in questo gruppo le piastrinopenie da diminuita megacariocitopoiesi e da piastrinopoiesi inefficace.

 

Le piastrinopenie da diminuita megacariocitopoiesi possono essere distinte in congenite ed acquisite.

- La sindrome di Fanconi, trasmessa come carattere autosomico recessivo, è caratterizzata da aplasia del radio, anomalie renali, iperpigmentazione, ipoplasia del pollice, strabismo e ritardo mentale. Le anomalie midollari, che portano alla pancitopenia, compaiono generalmente intorno ai 5-10 anni di vita.

-La piastrinopenia con assenza di radio (sindrome TAR) è caratterizzata da assenza bilaterale del radio con presenza del pollice e da malformazioni cardiache; la piastrinopenia compare nei primi mesi di vita. L'analisi morfologica dell'aspirato midollare rivela ipercellularità mieloide e grave diminuzione dei megacariociti; la mortalità per complicanze emorragiche (soprattutto cerebrali) è molto elevata nei primi anni di vita, mentre è rara dopo l'infanzia. Le trasfusioni piastriniche possono essere utili, ma devono essere utilizzate con accortezza perché la loro efficacia si riduce nel tempo.

-Ipoplasia megacariocitaria è riscontrabile in neonati con rosolia congenita e in neonati di madri che hanno assunto tiazidici in gravidanza: entrambe le forme sono lievi e transitorie.

-Forme acquisite di ipoplasia megacariocitaria isolata sono state descritte in associazione con l'assunzione di farmaci (tiazidici, estrogeni) ed alcool e con l'esposizione ad insetticidi e altre sostanze chimiche.

-L'atlasia midollare può essere causata da farmaci, sostanze chimiche, radiazioni ed infezioni, oppure essere idiopatica.

 

Le piastrinopenie da piastrinopoiesi inefficace sono caratterizzate da un aumento della massa megacariocitaria midollare con diminuito turnover e normale sopravvivenza delle piastrine. Si distinguono forme congenite e forme acquisite.

-L'anomalia di May-Hegglin, trasmessa come carattere autosomico dominante, è caratterizzata dalla presenza di piastrine giganti. L'analisi morfologica del sangue periferico rivela inclusioni leucocitarie basofile simili ai corpi di Doehle. Il volume piastrinico medio può aumentare fino a 6 volte i valori normali, tanto che il trombocrito (massa piastrinica circolante totale) può non essere significativamente ridotto. La funzionalità piastrinica è conservata; la maggior parte dei pazienti è asintomatica.

-La sindrome di Wiscott-Aldrich, trasmessa come carattere autosomico recessivo completamente legato al sesso, è caratterizzata da piastrinopenia, eczema e suscettibilità alle infezioni per deficit immunologico. Il volume piastrinico è diminuito, la sopravvivenza lievemente ridotta; i megacariociti midollari sono normali per numero e morfologia, ma il ridottissimo turnover piastrinico suggerisce la presenza di una piastrinopoiesi inefficace. Le manifestazioni emorragiche sono spesso gravi, perché le piastrine hanno anche un difetto funzionale, denunciato da un tempo di emorragia sproporzionato alla gravità della piastrinopenia. Dal punto di vista terapeutico, oltre alle trasfusioni piastriniche ed alla terapia antibiotica può essere utile la splenectomia, perché induce un aumento della conta piastrinica ed un miglioramento delle capacità emostatiche del paziente; essa, però, aggrava la suscettibilità alle infezioni, per cui deve essere sempre preceduta da una vaccinazione antipneumococcica e da profilassi antibiotica. Anche il trapianto di midollo compatibile può essere efficace nella correzione dell'anomalia.

-Una forma acquisita di piastrinopoiesi inefficace può essere responsabile della piastrinopenia da carenza di folati o di vitamina B12, e di quella riscontrabile nell'emoglobinuria parossistica notturna o nelle forme preleucemiche.

 

 

Piastrinopenie da aumentata distruzione

 

Si distinguono in questo gruppo forme immunologiche e forme non immunologiche.

 

Forme immunologiche:

-Porpora trombocitopenica idiopatica (o autoimmune) (ITP). Questa piastrinopenia è causata dalla presenza di autoanticorpi diretti contro strutture della membrana piastrinica; è la forma più comune di piastrinopenia acquisita.

La forma acuta colpisce prevalentemente bambini di entrambi i sessi di età compresa fra 2 e 6 anni. Spesso compare 2-3 settimane dopo un'infezione virale o, occasionalmente, dopo una vaccinazione antivirale. La rosolia è la causa scatenante più comune, seguita da morbillo, varicella e altre infezioni virali. Studi recenti hanno dimostrato la presenza di autoanticorpi contro strutture della membrana piastrinica: il loro legame agli antigeni di membrana comporta una aumentata suscettibilità piastrinica alla fagocitosi da parte dei macrofagi, la quale avviene prevalentemente nella milza, che è il sito principale di sequestro piastrinico e di produzione anticorpale.   È probabile che nella forma acuta di ITP abbiano importanza patogenetica anche complessi immuni legati alle piastrine. Questi complessi, formati da antigeni virali e anticorpi, possono causare aggregazione piastrinica e conseguente rimozione degli aggregati da parte dei macrofagi.

 

I sintomi emorragici compaiono acutamente, con porpora cutanea, epistassi o gengivorragia; emorragie cerebrali sono rare e avvengono quasi unicamente nei primi giorni. La gravità dei sintomi diminuisce col tempo e in più dell'80% dei casi si ha remissione completa nell'arco di circa 6 mesi, durante i quali il paziente gode di buone condizioni generali di salute, perché la gravità delle emorragie non è quasi mai tale da causare anemia. L'esame obiettivo non evidenzia alcuna alterazione a carico degli organi: in particolare, né linfoadenopatie né splenomegalia. Nelle forme acute di ITP la conta piastrinica è spesso inferiore a 20.000/mm3 e quella dei leucociti generalmente normale; il volume medio delle piastrine è aumentato, la sopravvivenza ridotta; il tempo di emorragia è prolungato per conte piastriniche inferiori a 50.000/mm3. Può comparire anemia come conseguenza di emorragie gravi; la VES è normale. L'esame morfologico dell'aspirato midollare non mostra alterazioni di rilievo: i megacariociti sono presenti in numero normale o aumentato. La diagnosi differenziale con altre piastrinopenie da aumentata distruzione periferica si basa su criteri di esclusione: assenza di segni di patologia di base, o di anamnesi positiva per assunzione di farmaci. Dato che nella maggioranza dei casi la ITP acuta si risolve spontaneamente nel giro di poche settimane, nessuna terapia è indicata, se non quella di supporto. Alcuni bambini, tuttavia, hanno remissioni ritardate (circa 6 mesi), ed altri (il 10-20%) sviluppano una forma cronica di ITP. Anche le forme croniche hanno generalmente un decorso benigno nei bambini, benché la conta piastrinica possa essere molto bassa. Pertanto, ogni forma di terapia deve essere limitata al trattamento di quei rari pazienti con evidenti problemi emorragici, nei quali il trattamento di scelta è rappresentato dall'infusione endovenosa di immunoglobuline ad alte dosi (400 mg/kg/die per 5 giorni, 0 1 g/kg/die per 2 giorni). Alcuni pazienti possono avere remissioni di lunga durata, mentre la maggioranza mostra una risposta transitoria alle immunoglobuline, la cui infusione deve pertanto essere ripetuta in occasione di emorragie o per la preparazione ad interventi chirurgici.

La forma cronica di ITP colpisce prevalentemente giovani donne tra i 20 e i 40 anni.   È una malattia autoimmune dovuta al legame di autoanticorpi, generalmente IgG, ad antigeni di membrana piastrinica.   È stato dimostrato che in molti casi di ITP gli anticorpi sono diretti contro il complesso glicoproteico di membrana GPIIb/IIIa, che funge da recettore piastrinico per il fibrinoge no ed è pertanto essenziale per la normale aggregazione piastrinica. La milza è probabilmente il principale, se non l'unico, sito di produzione degli autoanticorpi anti-piastrine ed anche il principale sito di rimozione dal circolo delle piastrine ricoperte di anticorpi.   È però possibile che quelle particolarmente cariche di autoanticorpi siano rimosse dal circolo soprattutto a livello epatico: per questa ragione, la splenectomia è un trattamento raramente efficace per i pazienti con piastrine particolarmente cariche di immunoglobuline. La ridotta sopravvivenza piastrinica stimola la piastrinopoiesi, per cui il midollo osseo di questi pazienti mostra di solito un numero di megacariociti aumentato. L'insorgenza delle forme croniche di ITP è generalmente insidiosa, senza segni di pregressa patologia. I sintomi più comuni sono la porpora cutanea e le emorragie mucose (epistassi, gengivorragia, menorragia).

Il decorso è spesso ciclico, con periodi di normalità della conta piastrinica e dipende dalla capacità del midollo di compensare la perdita periferica di piastrine. Un paziente con ITP cronica e normale conta piastrinica è da considerare in uno stato di trombocitolisi compensata: quando l'equilibrio fra produzione e distruzione viene alterato, la trombocitopenia può recidivare.

Le piastrine sono spesso irregolari per forma e dimensioni, con prevalenza di forme giganti da accelerata produzione midollare; queste ultime funzionano meglio di quelle normali, e per tale ragione i sintomi sono meno gravi di quanto ci si aspetterebbe sulla base della sola conta piastrinica. I criteri diagnostici per la ITP acuta valgono anche per le forme croniche. L'esame del midollo osseo è fondamentale per differenziare la ITP da altre patologie associate a piastrinopenia.   È importante escludere LES, AIDS o disfunzioni tiroidee, che spesso si associano a piastrinopenia immunologica.

Il trattamento dei pazienti con ITP cronica mira a raggiungere una conta piastrinica sufficiente ad assicurare un'emostasi normale. Pertanto, se un paziente è asintomatico ed ha un tempo di emorragia normale, non c'è alcuna necessità di terapia ed è sufficiente un monitoraggio nel tempo. Il trattamento iniziale di un paziente adulto con ITP è rappresentato dai corticosteroidi (es. prednisone 1,5-2 mg/kg/die): nella maggior parte dei casi, il numero di piastrine si alza dopo 1-2 settimane di terapia. Dopo il raggiungimento di una conta normale, la terapia va proseguita per 1-2 settimane e quindi gradualmente ridotta nel giro di un mese.

Spesso si ha ricaduta prima della sospensione completa del trattamento: nel caso di resistenza alla terapia corticosteroidea o, più frequentemente, di risposta transitoria e legata alle alte dosi, nonché in presenza di elevato rischio emorragico, si ricorre alla splenectomia. Essa rappresenta il trattamento definitivo per gran parte (circa l'80%) dei pazienti con ITP cronica perché, eliminando la sede di produzione anticorpale e di maggior sequestro piastrinico, normalizza la conta nel giro di 1-2 settimane. Per il 20% dei pazienti che non rispondono alla splenectomia, dopo aver escluso la presenza di una milza accessoria si deve valutare il rapporto rischi-benefici di ulteriori trattamenti: anche quando i pazienti rimangono piastrinopenici, infatti, la loro tendenza emorragica diminuisce sostanzialmente, ed i farmaci a disposizione (cortisonici, vincristina, danazolo e azatioprina) possono risultare inutilmente tossici. L'infusione endovenosa di immunoglobuline nell'ITP cronica ha le medesime indicazioni e posologie della forma acuta.

Un altro provvedimento d'urgenza è rappresentato dalle immunoglobuline anti-D, da somministrare endovena alla dose di 1000 mcg/die per 3 giorni solo nei soggetti anti-D positivi. Il loro meccanismo d'azione è probabilmente mediato dal blocco dei macrofagi da parte delle emazie del paziente ricoperte di immunoglobuline anti-D. Il loro effetto sulla conta piastrinica è generalmente transitorio; tuttavia, è possibile prevedere una terapia di mantenimento cronica con 500 mcg intramuscolo ogni 1-3 settimane, secondo la durata dell'effetto. La trasfusione di piastrine nei pazienti con ITP è controindicata non solo perché inefficace, ma anche per la possibile stimolazione del sistema immunitario da parte di agenti presenti nel materiale trasfuso, con secondario aumento del titolo anticorpale.

 

-Porpore trombocitopeniche immunologiche secondarie. Pazienti con LES, morbo di Hodgkin, linfomi non-Hodgkin ed ipertiroidismo possono avere un quadro clinico identico a quello dell'ITP. In questi pazienti, la piastrinopenia può essere complicata da altre manifestazioni della patologia di base (ad es. splenomegalia con sequestro di piastrine, infiltrazione midollare di cellule neoplastiche, mielosoppressione iatrogena). L'approccio diagnostico e la terapia sono gli stessi della ITP.

-Porpora post-trasfusionale. Può manifestarsi da 2 a 10 giorni dopo una trasfusione di emocomponenti contenenti piastrine.   È causata dalla produzione di anticorpi diretti contro l'antigene piastrinico PIA1, stimolata dalla trasfusione di piastrine allogeniche: non è chiaro, tuttavia, come questo meccanismo porti alla distruzione delle piastrine del ricevente. La piastrinopenia è spesso gravissima, con emorragie frequentemente mortali. La terapia corticosteroidea (es. prednisone 2 mg/kg/die o più, in caso di mancata risposta) può dare buoni risultati; si ricorre alla plasmaferesi in caso di resistenza ai cortisonici.

-Piastrinopenia da farmaci. Essa è del tutto simile alla ITP; la raccolta dell'anamnesi farmacologica è di fondamentale importanza. Il numero dei megacariociti midollari è aumentato; la conferma diagnostica può venire da test di laboratorio specifici che mettono in rilievo la presenza di anticorpi diretti contro il farmaco sospetto. La chinidina è il farmaco che più frequentemente induce piastrinopenia: essa è caratterizzata dalla presenza di complessi chinidina-antichinidina (IgG) con elevata affinità per la membrana piastrinica, che ne causano la lisi, ed è resistente sia alla terapia cortisonica che alla splenectomia. La trasfusione di piastrine si esegue solo per fronteggiare emorragie gravissime; il trattamento di scelta è la plasmaferesi, che permette la rimozione dei complessi immuni: non è tuttavia sempre efficace. Il più importante provvedimento è naturalmente l'interruzione del trattamento farmacologico causale.

 

Forme non immunologiche.-Molti sono i meccanismi patogenetici non immunologici di distruzione piastrinica periferica che causano piastrinopenia: anomalie della parete vasale possono indurre attivazione piastrinica e conseguente attivazione intravascolare; un aumento locale o sistemico della concentrazione plasmatica di trombina può causare una coagulazione intravascolare con consumo piastrinico.

-Porpora trombotica trombocitopenica (ITP) e sindrome emolitico-uremica dell'adulto (HUS). Queste due sindromi sono caratterizzate da consumo piastrinico selettivo, anemia microangiopatica, segni di danno ischemico di vari organi e modestissimi o assenti segni di attivazione della coagulazione. Le due patologie, che possono anche essere considerate manifestazioni diverse di una unica entità nosologica, si differenziano sulla base di sintomi di danno ischemico d'organo: prevalentemente a carico del sistema nervoso centrale nella TTP, soprattutto renale nella HUS.

La TTP colpisce prevalentemente soggetti fra i 10 e i 40 anni (rari i casi oltre i 50), con incidenza maggiore nel sesso femminile. La HUS si manifesta di solito in soggetti più giovani, a volte in forma epidemica. Secondo alcuni, il meccanismo patogenetico primario è il rilascio in circolo di sostanze agglutinanti o aggreganti le piastrine. Gli aggregati piastrinici occludono e danneggiano le arteriole causando effetti ischemici a valle. L'adesione di altre piastrine contribuisce ad ulteriore danno vasale, piastrinopenia ed emolisi microangiopatica. Secondo altri, invece, il difetto primario sta in un danno endoteliale arteriolare generalizzato, con conseguente attivazione piastrinica, aggregazione e tromboformazione che causa piastrinopenia, emolisi microangiopatica e danno ischemico tissutale. Studi recenti hanno dimostrato che pazienti affetti dalla forma cronica recidivante di TTP hanno un fattore von Willebrand plasmatico qualitativamente anormale, caratterizzato dalla presenza di multimeri "sopranormali" che possono causare aggregazione piastrinica in corrispondenza di stenosi vasali o in presenza di sostanze ad attività ristocetino-simile. Eventi quali la gravidanza o le infezioni potrebbero indurre la secrezione di tali sostanze che, in presenza del fattore von Willebrand anormale, causano aggregazione piastrinica intravasale.

La TTP comprende un gruppo di sindromi caratterizzate da anemia emolitica microangiopatica grave, piastrinopenia grave o moderata con diminuita sopravvivenza piastrinica e aumento dei megacariociti midollari, febbre, lieve insufficienza renale con proteinuria e sintomi di interessamento del sistema nervoso centrale: questi sono inizialmente lievi (agitazione, cefalea, disorientamento), ma possono rapidamente progredire in emiparesi, deficit focali, afasia, coma e morte.

Altre caratteristiche cliniche meno comuni sono: grave insufficienza renale, infarti intestinali, cutanei od ossei e insufficienza cardiaca. La forma adulta di HUS può essere considerata una variante di TTP o una entità nosologica diversa. Le caratteristiche comuni alle due sindromi sono l'emolisi microangiopatica, la piastrinopenia e la presenza di trombi piastrinici a livello dei piccoli vasi. A differenza che nella TTP, nella HUS il danno renale è sempre presente e di maggiore gravità, mentre i sintomi a carico del sistema nervoso centrale sono rari.

Alcuni pazienti trattati aggressivamente, con plasma-exchange possono guarire definitivamente, mentre altri hanno delle ricadute dopo un periodo di remissione. Pertanto, si possono riconoscere due forme di TTP, una acuta e una cronica recidivante. Crisi di TTP o HUS possono essere scatenate in concomitanza di parti normali, rottura di placenta, preeclamp sia, assunzione di contraccettivi orali, neoplasie maligne o infezioni.

La diagnosi differenziale di TTP/HUS deve essere posta con il LES e la sindrome di Evans; il riscontro di emolisi microangiopatica (testimoniato dalla presenza di schistociti), di leucocitosi neutrofila e di negatività del test di Coombs diretto sono indicativi di TTP/HUS. Inoltre i test di coagulazione sono generalmente normali.

La biopsia gengivale ed ossea rivela la presenza caratteristica, ma non patognomonica, di trombi ialini piastrinici circondati da fibrina a livello delle arteriole. L'infusione di plasma fresco congelato e, soprattutto, il plasma-exchange hanno notevolmente modificato il decorso della malattia di molti pazienti. Il successo di questa terapia confermerebbe che la base patogenetica delle due sindromi sta in anomalie plasmatiche (presenza di fattori aggreganti o proaggreganti e/o assenza di meccanismi di regolazione). Un approccio terapeutico per la TTP è rappresentato dai corticosteroidi ad alte dosi (100-1000 mg/die) che però non sempre danno risultati soddisfacenti; molto dubbia è l'efficacia degli antiaggreganti piastrinici.

-Coagulazione intravascolare disseminata (vedi paragrafo: "Disproteinemie").

-Piastrinopenie da emodiluizione. La trasfusione massiva di sangue intero (ora non più in uso) o di emoderivati non contenenti piastrine vitali (es. concentrati di globuli rossi) in pazienti con gravi emorragie comporta una diluizione della conta piastrinica.

 

 

 

Piastrinopenie da sequestro

 

Il terzo importante meccanismo patogenetico della piastrinopenia è rappresentato dal sequestro piastrinico. Esso è determinato dall'ingrandimento del letto vascolare splenico che, di solito, sequestra reversibilmente il 20-30% delle piastrine circolanti. In caso di ipersplenismo, tale quota può salire fino al 50-80%: pazienti con splenomegalia grave hanno conte piastriniche comprese fra 40.000 e 80.000/mm3. La piastrinopenia da sequestro, cui possono accompagnarsi anemia e leucopenia, raramente comporta complicanze emorragiche; la sopravvivenza piastrinica è moderatamente ridotta, la piastrinopoiesi midollare aumenta del 50% circa. La terapia deve essere diretta contro la patologia di base: rara è la necessità di splenectomia.

 

 

TROMBOCITOSI E TROMBOCITEMIA

 

Col termine di trombocitosi si intende un aumento del numero delle piastrine al di sopra delle 400.000/mm3. Si distingue un gruppo di trombocitosi secondarie da una forma primitiva (trombocitemia essenziale). Le complicanze trombotiche o emorragiche nelle trombocitosi secondarie sono praticamente assenti: il tempo di emorragia è invariabilmente normale.

-La trombocitemia essenziale presenta alcune anomalie piastriniche morfofunzionali: anisocitosi, carenza di granuli, riduzione del contenuto di serotonina e nucleotidi (sovrapponibile al quadro di Storage Pool Deficiency), assenza di aggregazione indotta da adrenalina, difettosa secrezione indotta da ADP, adrenalina e collagene. Nel 20% dei pazienti il tempo di emorragia è prolungato, nel 30% circa possono esserci complicanze trombotiche o emorragiche non prevedibili sulla base dei dati clinici e di laboratorio d'esordio.

 

 

DIFETTI FUNZIONALI PIASTRINICI

 

Caratteristica delle anomalie della funzione piastrinica è una diatesi emorragica con prolungamento del tempo di emorragia in presenza di una conta piastrinica normale. Si distinguono patologie congenite ed acquisite.

 

 

Forme congenite

 

-Sindrome di Bernard-Sonlier.   È caratterizzata dalla presenza di piastrine giganti carenti delle glicoproteine Ib/IX, recettore del fattore von Willebrand, essenziale per l'adesione piastrinica al sottoendotelio. Il tempo di emorragia è molto prolungato e la conta piastrinica, in genere, è moderatamente ridotta; l'agglutinazione piastrinica indotta da ristocetina, che in vitro media il legame del fattore von Willebrand alle glicoproteine Ib/IX, è assente. Possono verificarsi emorragie fatali, generalmente dalle superfici mucose.

- Trombostenia di Glanzmann.   È una rara malattia trasmessa come carattere autosomico recessivo, caratterizzata da un tempo di emorragia enormemente prolungato con conta e morfologia piastriniche normali. Causa della malattia è l'assenza del complesso glicoproteico di membrana IIb/IIIa, che rappresenta il recettore per il fibrinogeno ed è essenziale per l'aggregazione piastrinica: caratteristica della tromboastenia di Glanzmann è pertanto la totale assenza di aggregazione a qualsiasi agente aggregante. L'agglutinazione indotta da ristocetina è normale.

-La carenza di glicoproteina Ia che, complessata alla IIa, forma un recettore piastrinico per il collagene, è caratterizzata da conta piastrinica normale e tempo di emorragia molto prolungato con assenza selettiva di aggregazione indotta dal collagene. La frequenza, il tipo e la gravità delle manifestazioni emorragiche sono simili a quelli delle due precedenti patologie.

-La sindrome "gray platelet" (piastristrina grigia) è una rara patologia caratterizzata da moderata piastrinopenia e assenza dei granuli piastrinici alfa. II volume piastrinico è più grande che di norma; vi è un difetto sia di aggregazione che di attività procoagulante piastrinica.

-La storage pool deficiency è caratterizzata dall'assenza dei granuli piastrinici delta. La conta piastrinica è normale, il tempo di emorragia variabilmente prolungato; il difetto funzionale si manifesta con le caratteristiche delle alterazioni di secrezione piastrinica (aggregazione monofasica all'ADP e all'adrenalina, difettosa aggregazione al collagene).

Gli episodi emorragici minori da difetti piastrinici funzionali possono essere risolti con la semplice emostasi locale, o con la somministrazione di farmaci antifibrinolitici. per emorragie gravi, o per interventi chirurgici, può essere necessario ricorrere alla trasfusione di concentrati piastrinici.

La diatesi emorragica dei pazienti con storage pool deficiency può essere temporaneamente corretta dall'infusione di desmopressina (DDAVP) alla dose di 0,3 mcg/kg.

 

 

Forme acquisite

 

-Sindromi mieloproliferative. La conta piastrinica è generalmente elevata, ma il tempo di emorragia può essere prolungato a causa di anomalie funzionali piastriniche analoghe a quelle della storage pool deficiency. Si possono avere emorragie mucose ed ematomi.

-Insufficienza renale. Il difetto funzionale non è stato ben caratterizzato. Il tempo di emorragia, a volte notevolmente prolungato nonostante la normalità della conta piastrinica, può essere parzialmente o completamente corretto portando l'ematocrito a valori superiori al 30% con trasfusioni di globuli rossi concentrati o somministrando eritropoietina (ciò conferma il ruolo favorente l'adesione piastrinica dei globuli rossi, dimostrato in vitro), oppure con infusione di desmopressina (DDAVP) alla dose di 0,3 mcg/kg. La somministrazione endovenosa di estrogeni coniugati (alla dose totale di 3 mg/kg, suddivisa in 5 dosi giornaliere) accorcia il tempo di emorragia nei pazienti uremici: l'effetto massimo si ha dopo 10-15 giorni e si mantiene per circa 4 settimane.

-Anche in altre patologie, quali le epatopatie croniche e le disproteinemie, o in seguito a somministrazione di farmaci (l'acido acetilsalicilico, la ticlopidina, il destrano e antibiotici betalattamici) il tempo di emorragia può risultare sproporzionatamente prolungato rispetto alla conta piastrinica; nella maggior parte dei casi, esso può essere corretto o parzialmente accorciato con l'infusione di desmopressina (DDAVP)

 

 

Malattie emorragiche da difetti plasmatici

 

SINDROMI EMOFILICHE.

 

Si rimanda al capitolo "Le sindromi emofiliche", di questa stessa opera.

 

COAGULOPATIE RARE

 

Carenza di fibrinogeno

 

  È molto rara, può essere totale o parziale, ed è trasmessa come carattere autosomico recessivo. Nella forma eterozigote (ipofibrinogenemia) è asintomatica, mentre causa emorragie precoci sia mucose che muscolari nella forma omozigote (afibrinogenemia). I test di laboratorio evidenziano diminuzione dei livelli di fibrinogeno ed allungamento del tempo di trombina, del PT e dell'aPTT; il tempo di emorragia è prolungato. Le disfibrinogenemie, cioè le alterazioni qualitative del fibrinogeno, sono trasmesse come carattere autosomico dominante; possono essere asintomatiche, oppure presentare modesti problemi emorragici o, più raramente, trombotici.

La terapia delle emorragie consiste nell'infusione di plasma fresco congelato (15-20 mVkg), che contiene 2-3 g di fibrinogeno per litro con emivita di 4-5 giorni, o di crioprecipitato (1 U/5 kg circa); l'uso di concentrati liofilizzati di fibrinogeno comporta un elevato rischio di trasmissione di malattie virali.

 

 

Per la diagnosi di DIC si devono usare test semplici, specifici e rapidi, e riservare gli esami più complicati alla definizione delle forme dubbie di DIC cronica (tab.07x). Tra gli esami di facile esecuzione ricordiamo:

-Il dosaggio del livello di fibrinogeno plasmatico, che può essere ridotto (DIC acuta), normale (DIC cronica) ( o aumentato (DIC ipercompensata, con livelli basali già molto elevati a causa di patologie tumorali o infiammatorie).

-Il conteggio delle piastrine: se è ripetutamente normale, si può escludere la diagnosi di DIC.

- Il PT è generalmente prolungato nella DIC acuta a causa del consumo di fattore V e di fibrinogeno.

-Il tempo di trombina è prolungato per effetto sia della ipofibrinogenemia sia della presenza di FDP.

-Il tempo di reptilasi, o quello di trombin-coagulasi: al contrario del tempo di trombina, essi sono insensibili all'azione dell'eparina che, in alcune situazioni, deve essere somministrata al paziente.

-L'aPTT è generalmente meno prolungato del PT.

Come detto, raramente possono rendersi necessari esami più complessi, come i dosaggi dei fattori II, V, VIII, dell'antitrombina III e del fibrinopeptide A.

 

La terapia dei pazienti con DIC deve rivolgersi innanzitutto alla patologia di base, ma in alcune condizioni, come ad esempio le sepsi o le neoplasie, ciò non è sufficiente a risolvere lo stato di DIC: solo in questi casi, e nei pazienti con grave sintomatologia emorragica o trombotica, si deve attuare una terapia aggiuntiva specifica.

L'eparina può essere considerata il farmaco più indicato, anche se il suo impiego è ancora in discussione a causa dei risultati non sempre soddisfacenti. L'eparina (alla dose di attacco di 5000 U. seguite da 20.000-30.000 U/24 ore in infusione continua) è consigliata solo per patologie nelle quali il rischio emorragico legato al suo utilizzo sia relativamente basso rispetto al possibile effetto positivo (ad esempio embolie di liquido amniotico, aborto settico, ritenzione di feto morto, leucemia acuta promielocitica, neoplasie maligne metastatizzate, crisi emolitiche da trasfusioni incompatibili, emangioma gigante).

Nel caso l'effetto dell'eparina tardi a comparire, è consigliabile somministrare contemporaneamente antitrombina III, sotto forma di concentrati o di plasma fresco congelato, poiché è un cofattore indispensabile per l'azione dell'eparina e i suoi livelli plasmatici possono essere ridotti in corso di DIC.   È inoltre importante ristabilire adeguati livelli plasmatici di fattori della coagulazione e di piastrine: la terapia sostitutiva è indicata nello stato di grave coagulopatia con consumo, mentre non è necessaria in quello cronico compensato.

I concentrati dei fattori della coagulazione sono controindicati sia perché ne forniscono uno o pochi, sia per il rischio trombogenico, associato in particolare ai concentrati del complesso protrombinico; il sostituto ideale è il plasma fresco congelato.

Nella DIC acuta può esservi una grave piastrinopenia, ma raramente la trasfusione di piastrine provoca un netto giovamento a causa della loro rapida eliminazione dal circolo; essa, invece, è utile nei casi di DIC associata a profonda depressione midollare (leucemia acuta).

La plasmaferesi può essere utile nel tentativo di rimuovere il materiale tromboplastino-simile responsabile dell'attivazione della coagulazione, i complessi antigene-anticorpo, gli FDP ed i fattori attivati stessi.

 

 

Coagulopatie immuni

 

Esse sono dovute alla presenza di inibitori circolanti acquisiti che possono interferire con l'attività di qualsiasi fattore della coagulazione. I più frequenti sono gli inibitori circolanti tipo lupus (LLAC), spesso associati a lupus eritematoso sistemico e in genere a patologie immuni; essi sono diretti contro la porzione fosfolipidica del complesso attivante la protrombina. La presenza dell'anticoagulante determina un allungamento dell'aPTT o del tempo di coagulazione con caolino, non correggibile dall'aggiunta di plasma normale, diversamente da quanto avviene nelle carenze dei fattori della fase intrinseca della coagulazione. Il quadro clinico del LLAC è caratterizzato da trombosi, sia arteriose sia venose, più che emorragie, poiché l'azione anticoagulante del LLAC si esplica solo in vitro; nelle donne portatrici di LLAC vi è un'elevata incidenza di aborti spontanei tardivi (oltre il quinto mese), probabile espressione di trombosi dei vasi placentari. Le trombosi venose profonde sono trattate con eparina ed anticoagulanti orali; benché i tentativi di neutralizzare l'anticoagulante circolante non siano stati soddisfacenti, è possibile utilizzare i cortisonici (prednisone 40-60 mg/die) per prevenire gli aborti; immunosoppressori più potenti possono essere indicati in pazienti non gravide con ricorrenti episodi emorragici o trombotici.

 

 

Epatopatie

 

Nei pazienti epatopatici le alterazioni dell'emostasi sono di vario tipo e gravità ed hanno una patogenesi multifattoriale: diminuita sintesi epatica dei fattori della coagulazione, possibilità di DIC, iperfibrinolisi. I test della coagulazione presentano grossolane alterazioni: prolungamento del tempo di emorragia, del PT, dell'aPTT e del tempo di trombina. anche il numero delle piastrine può essere diminuito, per effetto sia di una ridotta sopravvivenza sia per aumento del sequestro splenico. Nonostante queste alterazioni, è raro che gli epatopatici presentino una grave diatesi emorragica generalizzata: più frequentemente, essi sanguinano dalle varici esofagee o dall'apparato gastroenterico.

La terapia mira a correggere il difetto emostatico, in previsione di interventi chirurgici diagnostici (epatobiopsia) o terapeutici (shunt porta-cava), con l'impiego combinato di farmaci ed emoderivati; il più efficace è il plasma fresco congelato, che contiene tutti i fattori della coagulazione e gli inibitori fisiologici. Per correggere le alterazioni dei test di coagulazione è purtroppo necessario infonderne quantità molto elevate (1-1,5 l/die), con problemi gravi di sovraccarico circolatorio. I concentrati del complesso protrombinico, che contengono quantità variabili di fattore II, VII, IX e X, possono normalizzare le alterazioni coagulatorie, ma espongono al rischio di infezioni virali, tromboembolie e DIC a causa della presenza di fattori della coagulazione già attivati che l'epatopatico non è in grado di metabolizzare o neutralizzare normalmente. La vitamina K non è utile, perché il parenchima epatico alterato non è in grado di utilizzarla; può essere indicata negli itteri da stasi, nei quali il difetto della coagulazione è dovuto al mancato assorbimento di vitamina K.

La desmopressina (DDAVP) è in grado di accorciare transitoriamente il tempo di emorragia e l'aPTT negli epatopatici. Può quindi essere utilizzata (0,3 mcg/kg e.v.) quando sia necessario ottenere una temporanea correzione di questi parametri, per esempio in previsione di una biopsia epatica.

 

 

Letture consigliate

 

 

Bloom A.L.: Inherited disorders of blood coagulation, in: “Haemostasis and Thrombosi”, Bloom A.L. & Thomas D.P., eds., Churchill, Livingstone, pp: 393-436, 1987.

 

 Ultimo aggiornamento: 23.12.2002

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